Articoli di Leonardo Mureddu

Il lato in ombra

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L’Empty Book del 2015

Nella simbologia delle Case, se la prima e la seconda rappresentano la sicurezza dell’ambiente noto e la visibilità di posti ben illuminati, l’Ottava Casa rappresenta l’oscuro, il nascosto, ma anche il germoglio del nuovo. Ci si addentra in territori ignoti, e lo si fa per ambizione di potere o di denaro, per curiosità, o anche spinti da passioni, talvolta sessuali, spesso intese come negative dal senso comune. Ecco quindi che nell’Ottava Casa si compiono delitti, truffe, sopraffazioni. Oppure ci si reca per cercare le ragioni recondite delle proprie inconfessate ipocondrie, delle proprie paure inconfessabili, per capire la morte.

Il nostro Empty Book, ormai alla terza edizione, quest’anno vuole esplorare proprio questi aspetti dell’animo umano, questo lato in ombra che tutti abbiamo e del quale un po’ ci vergogniamo.

Se vi piace scrivere, disegnare, fantasticare di notti e delitti, di ombre e illusioni, di strade sotto la pioggia, di segreti murati sotto i pavimenti, insomma se vi piace il giallo e il noir ecco una buona occasione.


Parlando di cose pratiche, ora che il genere del libro è stato chiarito, vi invitiamo a compilare il form che trovate nella pagina di presentazione dell’iniziativa Empty Book e a caricare il vostro pezzo, anche in forma provvisoria: racconto, poesia, tavola grafica, storia a fumetti. Scrivete o tirate fuori dal cassetto il vostro lavoro, senza preoccuparvi per ora che sia “perfetto”: se ci piace vi aiutiamo noi a metterlo meglio, a farlo diventare un dente dell’ingranaggio cigolante che permetterà di aprire il cancello dell’Ottava Casa.

Abbiamo previsto come per le altre volte un volume di massimo 250 pagine che accoglierà i contributi prescelti, e verrà messo in vendita secondo i comuni canali della distribuzione libraria. Ogni autore pubblicato riceverà una copia omaggio e potrà godere di un forte sconto sulle eventuali altre copie che vorrà acquistare.

Due raccomandazioni: ricordatevi che il termine di presentazione dei lavori è la fine di febbraio, e che vorremmo ricevere lavori originali, niente copia-incolla di vecchie cose trovate in giro.

Dai un’occhiata alle edizioni degli anni scorsi: Racconti della RagnatelaRacconti in Cucina

Buon lavoro!

Lo staff di Xedizioni

Anni ’80

M-Melato-1982

Ci è stata richiesta recentemente una ricerca su Epoca dei primi anni ’80. È stata una buona occasione per sfogliare alcuni fascicoli e fare un piccolo viaggio nell’Italia di trent’anni fa. Prendendo in esame per esempio il primo numero del 1982, si scoprono i lussi di Cortina d’Ampezzo ma ancora le atrocità, purtroppo, delle Brigate Rosse. Sono i tempi di Lec Walesa e di Solidarnosc, del giovane Papa polacco, di Craxi e di un tunnel della recessione, dal quale sembra che come al solito stiamo per uscire. Mariangela Melato spopola negli Usa e lo skipper Cino Ricci prepara la sua America’s Cup su barche da sogno. Liz Taylor è al suo settimo matrimonio ma, sinceramente, non li dimostra. Il tutto in circa 100 pagine patinate e illustrate con la solita qualità impeccabile delle foto di Epoca… Vai alla pagina dell’archivio.

Sfoglia il fascicolo dell’8 gennaio 1982

Conrad, Il Titanic e le scatole di biscotti

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titanicblog1Il grande scrittore Joseph Conrad, come si sa, era esperto di navi e di vita di mare in genere, avendo navigato per molti anni prima di approdare alla letteratura. Anzi, si dice che proprio i lunghi viaggi a bordo di piroscafi britannici gli abbiano permesso di imparare e affinare la lingua inglese (era polacco di nascita, francese di seconda lingua) tanto da poter diventare il romanziere che tutti conosciamo.

L’affondamento del Titanic lo turbò in modo particolare, ma più ancora lo turbarono le inchieste e i processi che ne seguirono, che lo indussero a scrivere due saggi sull’argomento. Entrambi furono pubblicati in forma di articolo su The English Review nei mesi successivi alla sciagura, e in entrambi Conrad mette in evidenza, con chiarezza e una certa dose di ironia, quali secondo lui furono le vere cause dell’affondamento. Una fra tutte, la delicatezza intrinseca di uno scafo da 50.000 tonnellate, le cui lamiere, per quanto grosse, fatte le debite proporzioni, sono molto più sottili e fragili di quelle di una scatola di biscotti di una nota marca. Ma che veniva definito inaffondabile dai “signori del progresso”, interessati più alla realizzazione di un albergo di lusso per attirare clienti facoltosi, che alla costruzione di un mezzo di navigazione sicuro.

Sembra quasi che i cento anni che separano questi articoli dalle recenti vicende di affondamento siano trascorsi invano, sebbene in mezzo ci siano stati altri disastri, tra cui quello altrettanto famoso dell’Andrea Doria che toccò da molto vicino la marineria italiana e dette un primo colpo all’era dei grandi transatlantici.

Abbiamo tradotto e ripubblicato i due saggi di Conrad, riunendoli in un unico e-book dal titolo I Signori del Progresso, riflessioni sul naufragio del Titanic. Lo trovate nel nostro catalogo dei Numeri Due. (MisterX)

I signori del progresso

I-Signori-del-Progresso

I-Signori-del-ProgressoDue mini saggi di Joseph Conrad redatti subito dopo il disastro del Titanic e pubblicati in forma di articolo dalla rivista The English Review con i titoli originali “Some reflexions seamanlike and otherwise on the loss of Titanic” (maggio 1912) e “Some aspects of the admirable inquiry into the loss of the Titanic” (luglio 1912). L’esperienza dell’uomo di mare e le qualità umane e artistiche di Conrad danno luogo a una lettura interessante, sottilmente ironica e sorprendentemente attuale. Abbiamo tradotto e raccolto i due saggi in questo ebook che trova posto meritatamente nei nostri “Numeri Due”.

Viene fornito nei formati EPUB (per Ereader generici) e AZW3 (per Kindle) in un unico file compresso che li contiene entrambi. Prezzo: Euro 4,99 (scrivere a info@xedizioni.it)

La freccia del Tempo

paperinomassone

paperinomassoneNoi umani siamo un po’ fissati con i numeri, li cataloghiamo, li inseriamo nelle nostre cabale, ne facciamo una scienza superstiziosa combinandoli e osservandone i risultati estetici. Quelli che finiscono con lo zero sono privilegiati: li chiamiamo cifra tonda, che per noi  sono i multipli di dieci perché per caso abbiamo dieci dita. Fossimo stati come i paperopolesi, popolazione che notoriamente ha quattro dita per mano, avremmo probabilmente creato una aritmetica in base otto anziché dieci, ma sarebbe stato tutto lo stesso, a parte il fatto che il traguardo dei 100 anni di vita sarebbe più alla portata: io ci arriverei tra breve, molte persone in gamba che conosco sarebbero già ultracentenarie. Il nostro 8 si scriverebbe “10” e forse si chiamerebbe dieci, e avremmo comunque i lustri, le decadi e tutto il resto. Forse su qualche pianeta remoto ci sono individui con sedici dita che utilizzano la numerazione esadecimale, hanno secoli lunghi 256 anni, e centenari non diventano mai.

E poi siamo fissati con i cicli che si chiudono, quelli che consideriamo i ritorni. Le ricorrenze. Sono rassicuranti per noi, ci danno l’impressione del cerchio, per sua natura percorribile all’infinito, e noi proprio dell’infinito abbiamo bisogno, ce lo inventiamo, ne parliamo e ce ne facciamo raccontare. E così, ogni volta che riconosciamo sul cerchio un punto che avevamo contrassegnato ci pare di tornare, ci sentiamo al sicuro. Abbiamo inventato il tempo a forma di cerchi e cerchietti, minuti, ore, giorni, mesi, anni, secoli, tutti che tornano su sé stessi, ruote e ingranaggi che girano intorno ad assi ben lubrificati. Il cerchio preferito dall’uomo è quello dell’anno, abbastanza lungo e complesso, e apparentemente chiuso. Torna il Natale inesorabile, arriva l’estate tanto aspettata, e infine giunge il giorno caro a ciascuno di noi, il compleanno. Arrivarci significa avercela fatta, aver compiuto il percorso senza troppi errori, ritirare il premio e ripartire subito per il prossimo appuntamento, dopo aver aggiunto un’unità al contatore dell’età, come su un segnapunti del biliardo. E se quel giorno il contatore segna un numero che finisce per zero, la soddisfazione è maggiore (ma anche un po’ di inquietudine quando il numero diventa grande): ne abbiamo inanellato altri dieci, entriamo in una nuova fascia, un nuovo livello. E ci siamo entrati quel giorno, non una settimana prima. Con i numeri sappiamo essere pignoli: ieri ne avevo nove, òggi ne ho dieci. Voglio arrivare a cento, doppio zero finale!

Gli astronomi usano anche un altro tempo, il tempo giuliano (cercate julian day su wikipedia, oppure per fare i conti: http://www.nr.com/julian.html), a forma di linea retta, una freccia che prosegue sempre nella stessa direzione, un numero che diventa sempre più grande senza mai un ritorno, fregandosene degli anni bisestili e degli altri cavilli introdotti dai papi nei nostri calendari. Oggi (30 dicembre 2014) è il giorno giuliano 2.457.021 virgola qualcosa. A parte la difficoltà pratica – immaginate darsi un appuntamento per il duemilioniquattrocentocinquantasettemilaventitre virgola cinque (dopodomani a mezzogiorno) – questa freccia del tempo ci piace meno, è meno rassicurante, anzi è spietata. Niente ritorna, nessun segmento si sovrappone a qualcosa di precedente. Ma è il sistema più corretto. Infatti nessuno degli oggetti che si muovono nel cielo ritorna mai esattamente sul suo stesso percorso: è tutto un movimento a spirali, cicloidi, ellissi e precessioni. Ed è sempre un’evoluzione verso la catastrofe, non verso un qualche equilibrio. Nessuno di noi è lo stesso che un anno fa è passato per questo punto: parte è rimasta per strada a comporre altri mosaici, parte è stata acquisita e formata recentemente. Tra meno di cinque anni, a parte un pugno di cellule nervose, niente di noi sarà lo stesso di oggi. Saremo la reincarnazione di noi stessi.

Ma torniamo a noi e ai nostri anni circolari. Malgrado tutti gli aggiustamenti necessari, giorni da aggiungere qua e là, editti papali che fanno sparire intere settimane (per esempio dal 5 al 14 ottobre 1582), Stati che stampavano calendari trisestili (qualcuno nacque in Svezia il 30 febbraio 1712), malgrado tutto ciò alla fine la ruota gira, e fornisce il capodanno che separa un anno non tanto buono (il precedente) da uno pieno di aspettative (il prossimo), fornisce anniversari, centenari, giubilei, tutte cose utili per chi deve riempire riviste e notiziari, o comunque ottimi motivi per fare festa, ritrovarsi tutti (i superstiti), scambiarsi gli auguri con un bicchiere in mano.

Buon anno! (Mister X)

Dentelle Renaissance

la dentelle

la dentelleLa Dentelle Renaissance (Pizzo Rinascimento), detto anche Pizzo Irlandese, ha avuto una grande importanza tra le tecniche di ricamo dei primi anni del XX secolo. Questo ebook è la riproduzione fedele di un manuale che insegna questa tecnica raffinata, con numerosi esempi e tavole esplicative. Lo abbiamo digitalizzato per il nostro partner PetitesOndes, specializzato in lavori “femminili”, e lo mettiamo a disposizione anche dei nostri lettori a un prezzo molto conveniente. Il testo è in francese.

75 pagine di testo + 10 tavole f.t. + 10 modelli per riproduzione diretta (erano in tela nell’originale). Numerose illustrazioni. Riproduzione accurata, euro 6,00. Per acquistarlo scrivici all’indirizzo info@xedizioni.it

 

 

Grandi mercanti e grandi sconti

Catalogo

CatalogoStampare un libro ha dei costi, come è facile immaginare. Preparazione, grafica, editing, stampa vera e propria, distribuzione. Tutti questi costi concorrono alla formazione del prezzo di copertina, che deve comprendere anche un margine per l’autore e un utile per l’azienda, dato che non basta rientrare nelle spese. Naturalmente, più alta è la tiratura, maggiore sarà la suddivisione delle spese per singola copia. Tiratura significa vendite, vendite significa distribuzione.

La distribuzione passa per le messaggerie: agenzie intermedie che stanno tra l’editore e il libraio, conservano grandi quantità di libri in magazzini strategici, li forniscono ai rivenditori a richiesta, e insomma fanno da volano nella catena complessa del mercato editoriale.

Un altro canale di distribuzione è costituito dai cataloghi online, diffusi e molto frequentati. Tutti i lettori prima o poi si accostano a queste comode librerie virtuali, che tra l’altro adottano spesso politiche di vendita aggressive e concorrenziali. È piacevole, per un lettore, sfogliare o ricercare in cataloghi immensi e quasi inesauribili, ed è ancora più piacevole scoprire che i titoli disponibili sono venduti con un certo sconto sul prezzo di copertina, e spesso con spedizione gratuita. D’altra parte allo sconto ci hanno ormai abituati le catene dei centri commerciali, mentre difficilmente i librai indipendenti li applicano, e neppure gli stessi editori, specie quelli piccoli, anche se vendono direttamente i loro prodotti senza passare per la catena della distribuzione. Come mai?

Il punto sta nella distinzione tra due diverse funzioni dell’editoria: l’editoria di massa, che deve produrre profitti crescenti e sottostare alle regole ferree della concorrenza, e l’editoria classica, che sceglie e propone le pubblicazioni partendo dall’altra parte, ossia da valutazioni di qualità, da programmi a lunga scadenza, dalla ricerca. La prima occupa il mercato con le grandi tirature e i best seller, gli autori di grido e grandi investimenti pubblicitari, la seconda si inserisce negli spazi liberi, poco appetibili in quanto non generano profitti sicuri, e sfrutta canali di distribuzione economici.

Il principale di questi canali è il sistema ISBN (International Serial Book Number), che associa a ciascun libro un codice univoco. Tramite il numero ISBN è possibile risalire a qualsiasi pubblicazione nel mondo. Non solo, ma l’assegnazione del codice comporta automaticamente l’iscrizione della scheda bibliografica a un catalogo nazionale. E qui entrano in scena i grossi cataloghi di vendita online, con i loro motori di ricerca.

Ogni nuova pubblicazione dotata di ISBN risulta automaticamente “disponibile” in molti di questi cataloghi, anche se non ne hanno la disponibilità fisica: può però essere ordinata esattamente come se fosse nel magazzino del rivenditore, ma con tempi di consegna previsti piuttosto lunghi.

Questi tempi servono al gestore del catalogo per girare l’ordine all’editore, il quale provvede a impacchettare e spedire il volume richiesto direttamente all’acquirente oppure al magazzino del rivenditore, che poi lo inoltra. Il gestore del catalogo ovviamente richiede uno “sconto” all’editore, sconto che può arrivare al 40% del prezzo di copertina, e inoltre spesso paga questo tipo di forniture estemporanee a tempi molto lunghi, dell’ordine dei due-tre mesi.

Questo doppio passaggio in genere annulla il margine di utile per l’editore, che da questo canale trae però il vantaggio di avere i propri titoli in cataloghi nazionali, il che fa sempre bene all’immagine. Può dire, insomma, quando stampa un libro anche in tiratura minima: “disponibile nelle librerie”.

Vorremmo concludere questa nota facendo presente al lettore che per noi piccoli editori non è equivalente dove compra il suo libro. Se lo acquista direttamente da noi sta remunerando il nostro lavoro e quello dell’autore, e finanzia iniziative che potrebbe trovare utili in futuro; viceversa se lo ordina tramite un catalogo online, sta sovvenzionando la distribuzione di massa, ossia la più temibile concorrente della piccola editoria. Noi editori siamo comunque contenti se il nostro prodotto si diffonde e il magazzino si alleggerisce, anche se ovviamente siamo più contenti quando ne ricaviamo il giusto per poter pagare chi lavora per noi e andare avanti.

(Mister X)

Ricettario delle 3B d’oro

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3Bdoro-ricetteQuesto ricco ricettario era posto a corredo dell’Enciclopedia delle 3B d’oro e ne costituiva la terza parte organica. Sono elencate e spiegate tutte le preparazioni della cucina italiana, dalle basilari alle più elaborate compresi i dolci (fino al panettone alla milanese). Quasi 1500 ricette classiche della cucina italiana e internazionale, con numerose illustrazioni al tratto.

500 pagine, pdf, riproduzione anastatica, euro 4,90 – Per acquistarlo scrivici all’indirizzo info@xedizioni.it



 

Enciclopedia delle 3B d’oro

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3Bdoro-01Riproduzione anastatica delle prime due Parti della famosa “Enciclopedia delle 3B d’oro” (Buona mensa, Bella casa, Brava donna) dedicata alla donna di casa. Vita domestica, economia, cucina, galateo, puericultura. Edizione del 1947. Un affascinante (e inquietante) resoconto della condizione femminile in Italia alla fine della seconda guerra mondiale, nell’anno della conquista del diritto al voto, prima delle “rivoluzioni” degli anni ’50 e ’60. L’enciclopedia era corredata da un ricco ricettario che pubblichiamo a parte.

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356 pagine, pdf, illustrato, euro 4,90. Per acquistarlo scrivici all’indirizzo info@xedizioni.it



 

 

 

 

L’Automobilista – Hoepli 1918

Automobilista

AutomobilistaLa quinta edizione del grande manuale Hoepli dedicato all’automobile “con le istruzioni complete pei motoristi e meccanici, pei dilettanti ed inventori…”, sul finire della prima guerra mondiale. Proprio la guerra aveva dato un grande impulso alla tecnica automobilistica e ai suoi derivati, portando allo sviluppo di motori e organi meccanici alcuni dei quali sono ancora in uso ai nostri giorni, a distanza di un secolo. Lettura deliziosa per gli appassionati.

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1072 pagine riccamente illustrate, pdf, euro 4,90 – Per acquistare questo file scrivere all’indirizzo info@xedizioni.it

L’ultimo giornale di Livingstone

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Livingstone

Nel 1866 il leggendario esploratore intraprese un viaggio alla ricerca delle vere sorgenti del Nilo. Sarà il suo ultimo viaggio, che si concluderà in Zambia con la sua morte per malaria, nel 1873.  Questo volume è il resoconto dell’avventura, annotata giorno dopo giorno, e arricchita da 30 incisioni, un ritratto e una cartina geografica. Edizione originale Treves, Milano 1876, prefazione di Orazio Walter.

232 pagine, pdf, riproduzione anastatica molto accurata stampabile, euro 8,90 – Per acquistarlo scrivici all’indirizzo info@xedizioni.it

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Mostra autarchica del minerale

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Mostra-autarchica-mineraleGuida della Mostra Autarchica del Minerale Italiano che si tenne a Roma presso il Circo Massimo, in pieno regime autarchico fascista. Questo volume ci è stato richiesto in versione digitale da alcuni studiosi, e lo mettiamo a disposizione degli interessati dietro un piccolo contributo. Il libro, oltre alla descrizione dei vari settori della mostra, contiene alcuni articoli introduttivi sulla politica governativa nel settore minerario. Abbiamo dotato la versione digitale di un indice per la ricerca veloce degli argomenti.

214 pagine, illustrato, pdf stampabile, euro 6,90. Per acquistare questo file scrivici all’indirizzo info@xedizioni.it

 

 

Italia e Germania

Italia-Germania

Italia-Germania

Questo volume ci è stato richiesto in edizione digitale da alcuni studiosi. Lo mettiamo a disposizione degli interessati. Celebra i fasti dell’alleanza italo-germanica, con proclami e foto di alta qualità. Pubblicato nel 1938, contiene i resoconti delle visite che Hitler e Mussolini si scambiarono poco prima di precipitare nella tragedia della guerra.

Pdf, 134 pagine, molto illustrato, euro 6,90. Per acquistare questo file scrivici all’indirizzo info@xedizioni.it

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Favole – Di Rocco Murari

Favole-Murari

Favole-MurariRaccolta di piccole storie di animali, narrate da Rocco Murari e illustrate da Bruno Angoletta. Mondadori 1924. Riproduzione anastatica ad alta risoluzione che si può leggere sullo schermo o stampare. Favole dolci e crudeli, scritte con fini edificanti come si usava allora, non sempre a lieto fine. Se sei interessato a libri per bambini guarda anche le nostre pubblicazioni esclusive con le illustrazioni di Dona: I Galletti spericolati e Gatti Italiani

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132 pagine, pdf stampabile, euro 6,90 – Per acquistare questo file scrivici all’indirizzo info@xedizioni.it





 

SEZIONE SPECIALE CUCINA

Mariarosa

CoverRaccontiCucinaEntra nella nostra cucina! Questa sezione nasce da un anno dedicato in qualche modo al cibo. infatti il nostro Empty Book del 2014 ha avuto la cucina come argomento. Racconti in cucina ci ha permesso di navigare per alcuni mesi tra ricette, tradizioni, fantasie sul cibo. Di questa ricerca restano alcuni libriccini, documenti, immagini, filastrocche che raccogliamo in questa pagina. Buona lettura!

Il piacere 


MariarosaMolti di voi ricorderanno il piccolo ricettario colorato che veniva distribuito insieme alle scatole di lievito per dolci. Le pagine centrali del libriccino contenevano la dolcissima storiella in rima di Mariarosa, la bimba di campagna che sapeva preparare dei dolci buonissimi grazie anche alle famose polveri. Vi offriamo in omaggio il ricettario e la storia di Maria Rosa, un libretto di 52 pagine scaricabile liberamente. Provate a fare qualcuno dei dolci descritti: sono veramente buoni!

Ricettario Bertolini – La storia di Mariarosa


Pane-Angeli-0-rUna notte un cherubino scese lesto dal camino…” Così comincia la poesia che accompagnava il libretto di ricette del lievito Pane degli Angeli a partire dagli anni ’50, e da allora presente nei cassetti delle credenze di tutte le nostre madri e nonne. I dolci descritti sono semplici e di sicuro successo. Vale la pena provare una o due delle ricette. (20 pagine, pdf)

Ricettario Pane degli Angeli 1954

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Orco…e ancora, frugando nel cassetto della dispensa della nonna, salta fuori questo libriccino del 1954, omaggio per le coraggiose acquirenti della novità del momento, la maionese in tubetto. Siamo nel periodo della ricostruzione dopo la Guerra: in Italia comincia a circolare una nuova aria, di benessere, novità tecnologiche, emancipazione della donna. Anche il tubetto di maionese dava il suo contributo. Questo opuscolo non contiene ricette, ma un breve dizionarietto di nomi e cognomi italiani con i rispettivi significati. Scaricabile liberamente in formato pdf, 20 pagine, 3,27MB:

Come vi chiamate?


copertina-risoL’Ente Italiano Risi fu costituito nel 1931. Tra i suoi compiti istituzionali quello di diffondere il consumo del riso, associandolo alla cucina saporita, allo sport, alla salute e alla linea. Questo opuscolo di propaganda fu distribuito nel 1956, quando l’industria italiana cominciava appena a riprendersi dalla guerra. Ci sono, oltre a un’introduzione di Giuseppe Marotta e a qualche piatto radizionale, numerose ricette che oggi potrebbero sembrare inedite e che forse meritano di essere sperimentate. Da notare la copertina con la bella mogliettina alle prese con fornelli e ricettario. Ve lo offriamo come piccola curiosità di un’Italia di sessant’anni fa.

Scarica l’opuscolo (pdf, 36 pagine)

Risotto. Per risotto s’intende la preparazione che ha per base un soffritto di grassi con cipolla tritata fine o altri ortaggi nel quale si getta il riso e si lascia rosolare per qualche minuto perché assorba i grassi. Dopo questa operazione si bagna il riso poco per volta con brodo bollente di carne, di pesce o di verdura, e si tira a cottura aggiungendo il liquido a mano a mano che viene assorbito. Nel risotto il riso resta leggermente legato. Durante o dopo la cottura si aggiungono al risotto i condimenti destinati al completamento“.


Ricettario-Bertolini-02Ricettario Bertolini per pizze e torte salate


Tassajara

Il Libro del Pane della comunità californiana buddista di Tassajara. Questa comunità zen, fondata negli anni ’60, ebbe molto seguito nel periodo dei “figli dei fiori” e degli esperimenti delle comuni hippy. Il libro del pane insegna l’uso corretto dei lieviti e delle varie farine per confezionare ogni tipo di pane, di biscotti e di dolci, ovviamente tutto alla maniera americana. In lingua inglese di facile lettura, con piacevoli illustrazioni al tratto. Buona lettura!


 

Pizza “as you like”

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deepp3Tanti anni fa, la prima volta che andai negli Usa, una sera entrai in una pizzeria. Ero solo, come capita spesso quando si va a un convegno scientifico. La pizzeria era “Italian style”, secondo l’insegna. Non volevo “sentirmi a casa”, volevo solo cenare con una pizza e una birra. Venni investito da una ventata di luoghi comuni italiani: musica napoletana o simile con mandolini e tenorini, pitture vistose alle pareti, con vesuvi e ragazze brune dalla vita sottile e dalla scollatura generosa, camerieri dall’aspetto mediterraneo, ma queste cose me le aspettavo: se entri in una pizzeria “Italian style” a New York è perché vuoi respirare Italia. Sei schedato, e sarai registrato insieme alla tua carta di credito.

Ciò che non conoscevo era la pizza. Il menù, dall’aspetto di un questionario, ti permetteva di scegliere il tipo di pasta (grossa o fine), e poi gli “stuffings”, ossia tutto ciò che volevi metterci sopra. 50 cents per ogni crocetta. Potevi mettere pomodoro, mozzarella, prosciutto, zucchine, funghi, patate fritte, miele, aglio, crema alla nocciola, gamberetti, ketchup, curry, cetrioli… Tu segnavi le caselle, loro provvedevano a riempire la pizza con gli ingredienti di tua scelta, con grande abbondanza, e ti dicevano “ottima scelta, signore”. Ovviamente mi mantenni prudente quella volta, anche perché il mio inglese non perfetto non mi consentiva di capire proprio tutto. Per esempio non capii che essendo solo sarebbe stato meglio che non ordinassi “una pizza”, ma “una porzione di pizza”. Mi portarono una pizza gigantesca, sufficiente per quattro-sei persone. Cercai in tutti i modi di farmi onore, aiutandomi con una bibita dolce (in quel locale non servivano alcolici), ma verso la metà fui costretto a desistere. Un cameriere dall’aria sicula ma dall’accento newyorkese, imperturbabile, mi confezionò un “doggy bag” con gli avanzi, obbligatori da portar via. Mi immaginai da solo, in camera d’albergo, con quella mezza pizza da sistemare in qualche modo, e mi decisi a mollarla per strada in un cestino dei rifiuti (per fortuna sono giganteschi negli Usa).

Quella pizza mi ha insegnato tante cose. Mi ha insegnato quella sorta di greto commercio, che poi ho visto tante volte, che si è concretizzato successivamente anche in  Italia specialmente con certe reti televisive. Quel commercio non vuole piacere a tutti, ma vuole attirare gli appassionati dandogli in abbondanza ciò che amano. Ti piacciono i telefilm in cui delle persone salvano altre persone? Bene, prepariamo la pasta e aggiungiamo gli ingredienti che ami: pompieri che salvano dal fuoco, medici che defibrillano, poliziotti che liberano la città da assassini e stupratori, astronauti che ricacciano indietro gli alieni, ma in grande quantità e mischiati in tutte le proporzioni: defibrillazioni di alieni, pompieri maniaci sessuali, astronauti corrotti, poliziotti che appiccano incendi. Oppure ti piace il calcio, e allora te lo offriamo in reti specializzate non-stop, h24: tutte le partite di tutti i campionati di tutte le Nazioni del mondo, e sei tu il regista, scegli l’inquadratura e ti fai le moviole avanti e indietro a piacimento. Se ti piace il sesso, allora in fondo alla lista dei canali trovi quelli dedicati a mostrarti solo quello.

Lo stesso capita, non so se l’avete notato, con i libri e coi film. Gli scrittori e gli sceneggiatori non scrivono seguendo un’idea, ma confezionano un prodotto che dovrà essere venduto a un target, e sarà un bestseller. Spesso si fa un libro sapendo che diventerà un film, o un film sapendo che ne verrà estratto un romanzo, tanto il pubblico è lo stesso. Ti piace l’intreccio di spie e storie d’amore? Di intrighi religiosi? Ti piace il romanzo di formazione? L’avventura? Il giallo? La storia romanticona? Gli effetti speciali? Il romanzo a sfondo erotico? Eccoli pronti, sempre sulla stessa base della “deep pan pizza” dalla pasta soffice e grassa.

Tu sei noto, almeno statisticamente. Si sa che “certe cose” vendono a un “certo pubblico”. L’importante è che tu abbia le idee chiare, che insomma sappia cosa sei e cosa vuoi. Sport? Sport! Medical? Medical! Reality? Reality! Cucina? Cucina!

Il problema, per me che mangio una pizza anche per farmi un’idea della personalità del pizzaiolo, che leggo un romanzo per entrare nella testa dello scrittore, che vado al cinema o guardo la televisione per cercare spunti su cui lavorare, è che per bene che mi vada trovo una caricatura di me stesso, per giunta approssimativa. Ma c’è sempre qualcuno che mi incoraggia: “ottima scelta, signore”, e mi fa sentire a mio agio.

Tutto ciò mi ricorda un vecchio programma per computer che girava all’alba dell’informatica. Si chiamava Eliza e cercava di imitare una seduta psichiatrica. Cominciava con domande generiche, e dalle tue risposte, battute sullo schermo verde del terminale, cercava di cogliere delle parole chiave che poi utilizzava per suscitare il tuo interesse alla domanda successiva. Si poteva andare avanti per ore, e avevi l’impressione di avere un interlocutore, ma dall’altra parte non c’era nessuno, solo un giocatore di tennis nemmeno tanto scaltro che ti rimandava addosso i tuoi sentimenti, trasformati in cliché. (Mr X)

La rivoluzione “Personal”

Regency-casco

Regency-cascoSessant’anni fa, era l’autunno del 1954, nel mondo si diffuse come una fiammata nell’alcol una novità magica, evocativa, misteriosa: la radio a transistor. Il piccolo ricevitore in grado di stare comodamente in una tasca o in una borsetta e di riprodurre molte ore di musica e intrattenimento con una piccola batteria. Il primo fu il modello “TR1” prodotto a Indianapolis col marchio “Regency”. La storia della prima “radiolina” è lunga e interessante, la si può leggere, con documenti audio e video, in uno dei tanti siti americani dedicati a questo tema, per esempio www.regencytr1.com. Si scopre per esempio che la produzione di una radio a transistor era da tempo una “patata bollente” che le grandi aziende si passavano l’una all’altra, per la paura di un fiasco commerciale. La grande Texas Instruments, leader nella produzione di semiconduttori, teneva da mesi nel cassetto un prototipo perfettamente funzionante, ma trovava sempre qualche scusa per rimandare il lancio. Ci voleva una piccola azienda, giovane e dinamica, e senza troppo da perdere in caso di insuccesso. Ma fu un successo, anzi, un boom.

Prima di quel momento la radio era un mobile della casa, collegato alla rete elettrica e a un’antenna, oppure era un costoso accessorio per le auto di lusso. Esistevano anche le radio portatili, ma le valvole richiedevano grosse batterie che andavano sostituite piuttosto spesso. Dunque, l’ascolto della radio era un’esperienza il più delle volte collettiva, come il cinema e in seguito la televisione. L’immagine è quella di un salone ben arredato, con una buona acustica e delle comode poltrone, dove la famiglia si intrattiene in un piacevole ascolto della radio.

Il piccolo transistor propone per la prima volta il concetto di “dispositivo elettronico personale”, e rende finalmente “wireless” ciò che prima dipendeva sempre da un filo, almeno per l’alimentazione. Aggiunge libertà, ma questa volta non alla comunità, ma al singolo individuo.

Casualmente, ma non troppo, lo sviluppo della radio a transistor coincide con un’altra rivoluzione, quella del Rock & Roll, nell’immagine collettiva inscindibile da un’idea di spazi liberi, di indipendenza, di gioventù. Una radio a transistor poggiata su un muretto, che miagola gli assoli frenetici di una chitarra elettrica, circondata da ragazzi in jeans e maglietta, ecco l’immagine. Ma anche una bella signora, costretta a lunghe ore sotto il casco per avere la permanente all’ultima moda, può finalmente abbandonare le noiose riviste e dedicarsi all’ascolto della radio.

Poi ci pensarono i giapponesi a elaborare fino alle estreme conseguenze il concetto di miniaturizzazione, riducendo dimensioni e prezzi. Ma soprattutto diffondendo il concetto di “personale”, che da allora si radica in ogni aspetto della nostra vita: ascolto, visione, scelte musicali, e poi il personal computer, il telefono cellulare, il navigatore satellitare, il personal trainer (ma questa è un’altra storia). (MisterX)

Su Youtube: Catena di montaggio della Regency TR1 nel 1955

Flipback

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Ho per le mani uno di questi nuovi libriccini, lanciati da un olandese e brevettati in tutto il mondo. In Italia l’esclusiva di sfruttamento del brevetto è stata acquistata da Mondadori, che negli ultimi mesi, a partire da maggio, ha pubblicato alcuni titoli.flipback-01-300 Il catalogo di questa collana è quasi tutto costituito da bestseller, e poi ho capito perché. Io ho preso “La solitudine dei numeri primi” di Paolo Giordano.

Flipback è un libro ruotato di 90 gradi: le righe del testo sono stampate lungo il lato lungo delle pagine, e il formato (8×12 cm) è studiato in modo che le due piccole pagine, messe in verticale, formano una pagina simile a quelle dei “vecchi” tascabili, come mostrano le foto di questa pagina. Una manovra puramente commerciale? Sia pure, se riesce a portare un libro in una tasca o una borsetta nuove.

La carta sottilissima, la cucitura in filo di cotone e la legatura con una speciale copertina in cartoncino rigido e tela aiutano a ottenere un volume di dimensioni veramente ridotte, un vero tascabile. Mi fa pensare a certi libriccini religiosi dell’Ottocento, mille pagine sul palmo di una mano. Il mio libro conta quasi cinquecento pagine in poco più di un centimetro di spessore e cento grammi di peso.

Prima considerazionflipback-02-300e: la stampa di questi libri deve essere costosa. Visto che il prezzo di copertina oscilla tra gli 8 e i 12 euro (il mio ne costa 9,00), per mantenere un margine accettabile è necessaria una grande tiratura. Ecco perché in catalogo ci sono solo bestseller.

Ed eccoci alla prova di lettura. Negli spot pubblicitari ho visto una piccola mano femminile tenere il libro, mentre il pollice della stessa mano sfogliava le pagine, avanti e indietro, con disinvoltura. Ho provato ma non sono riuscito a ottenere gli stessi risultati: in definitiva servono sempre due mani, come con un libro classico. Resta il vantaggio delle dimensioni e della leggerezza, e sicuramente con un po’ di esercizio si possono ottenere buoni risultati.

Il carattere scelto per la stampa, un “sans serif” in corpo piuttosto ridotto, assicura una lettura abbastanza confortevole anche se non molto piacevole (il lettore di libri di carta ama le “grazie”), e inoltre bisogna sopportare una certa trasparenza delle pagine, che fa apparire le ombre del testo sottostante. Comunque, poco male.

Mi sarebbe piaciuto che la numerazione delle pagine seguisse coraggiosamente la nuova logica di questi volumetti: due mezze pagine ne formano una: così, nell’angolo in basso a sinistra sarebbero dovuti apparire tutti i numeri in sequenza. In questo caso l’ultima pagina sarebbe stata la numero 244. Invece nel libro che sto esaminando le pagine sono virtualmente contate tutte, superiori e inferiori, ma il numero appare solo in quella inferiore. In questo modo spariscono tutti i numeri pari. Sembra un libro di sole pagine dispari. La solitudine delle pagine dispari. (MisterX)

Le Aquile

Un breve racconto di Giuseppe Dessì, pubblicato nel 1939 su un settimanale italiano

“Non so più chi avesse portato allo zio Michele i due uccellacci che furono posti in una stia da polli sotto i portici. Non erano, per me e per Paolo, una cosa nuova; tutt’altro: di rapaci ne avevamo visto, a Norbio, abbattuti dai porcari o dai pastori di casa nostra e appesi all’uscio di cucina, o appollaiati su qualche albero lontano o su qualche roccia, oppure altissimi, quasi immobili sotto le nuvole grigie.

Questi nella stia non erano più grandi di un pollo, ma la ferocia spirava da tutte le loro penne irte, tanto che, anche senza la rete metallica, nessuno avrebbe osato toccarli. Seduti sui talloni, noi passavamo lunghe ore davanti a quella gabbia, e gli altri ragazzi con noi…” Scarica il PDF

Un anno di Xedizioni

libri

libriTutti noi di Xedizioni veniamo da esperienze precedenti nel campo dell’editoria, in proprio o tramite realtà più grosse. Ma in un anno di editoria “vera” si imparano tante cose. Intanto le più ovvie, per esempio che i soldi stanziati per lo startup finiscono in fretta, e che per fare l’editore non basta avere delle buone idee e fare dei buoni libri, ma che questi libri bisogna venderli. Si imparano anche cose meno ovvie, per esempio a dover resistere a boicottaggi inaspettati, da parte dei servizi postali o, peggio, da parte di chi in teoria avrebbe tutto l’interesse a sostenere una certa iniziativa. Ma di questo dopo.

Noi non pubblichiamo best sellers. Facciamo libri per coprire delle lacune, le cosiddette nicchie che non interessano certo i grandi editori, ma che sono di vitale importanza per piccoli gruppi di appassionati. Per questo abbiamo accettato l’invito degli amici de “Le Radio di Sophie” attivando una collaborazione che ha  già dato vita a sei titoli, tutti nel settore della radio d’epoca, tutti molto apprezzati. E abbiamo attivato una collana (Orme) legata al territorio da cui proveniamo, da cui nasce il libro “Io e il filet di Bosa” che è già alla terza ristampa.

Un’altra collana (i Galletti) ha due titoli che spavaldamente si sono inseriti nel feroce settore dell’editoria per bambini. Li abbiamo pubblicati perché pensavamo che avessero qualcosa di veramente originale, e hanno incontrato successo e incoraggiamenti.

Un altro lavoro di cui andiamo fieri è la ristampa della prima versione italiana di “Orgoglio e Prevenzione”, nella traduzione di Giulio Caprin e con la sua introduzione originale che accompagnava una rara edizione degli anni ’50. L’abbiamo realizzata anche in omaggio a una nostra autrice (P.R. Moore-Dewey), il cui romanzo “Pregiudizio e orgoglio” sta per entrare nel nostro catalogo in una nuova edizione. Malgrado il boicottaggio, inatteso quanto subdolo, da parte di alcuni blog italiani dedicati a Jane Austen, anche questo libro sta incontrando il successo che merita. E tanti altri titoli sono in preparazione, con le nostre forze e i nostri tempi. Alcuni saranno pronti in autunno, per esempio una raccolta di lettere tratte da una famosa rubrica che Alba de Cespedes curava per Epoca negli anni ’50. Ma non vogliamo anticiparvi troppo.

Poi ci sono gli ebook, di cui tre sono già in catalogo (i Numeri Due). Ci siamo messi in mente di raggiungere l’eccellenza anche in questo campo, per contrastare la moda dilagante degli ebook mal tradotti, mal scannerizzati, pieni di errori che si trovano in giro negli scaffali virtuali. Leggere un ebook deve essere un’esperienza piacevole come quella che offre un libro ben stampato, ben impaginato, ben rilegato.

L’iniziativa degli empty book, che abbiamo ereditato da “Petites Ondes”, ha generato quest’anno un piacevolissimo libro di “Racconti in cucina”, conditi da una veste grafica elegante e raffinata. Dunque la serie continuerà, probabilmente subito dopo le vacanze estive con un nuovo lancio.

Il sito web, che per una realtà piccola come la nostra è al tempo stesso negozio, ufficio di rappresentanza, vetrina, sala stampa, è ormai ricco e vivace, dopo un anno di aggiustamenti e discussioni tra graphic designer, webmaster, autori, consulenti di marketing e partner. Alcuni di questi partner ci si sono installati con il loro banner e le loro merci, per esempio il nuovissimo sito di t-shirt cultural-letterarie Cucumeu, che porta avanti un’iniziativa originale a cui auguriamo un successo enorme.

E infine ci sono le pagine dei social networks, le iniziative locali, i lavori per una nuova sede “fisica” in un quartiere storico della nostra amata città. Insomma tante cose sono in pentola, a un anno esatto dall’inizio di questa avventura.

Non possiamo che augurarci, da soli o in compagnia dei veri amici, buona fortuna per i prossimi anni!

Mister X

Continente Nero

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ContinenteNero300x400Il piemontese Augusto Franzoj, giornalista, avventuriero, polemista, viaggiatore, conobbe una certa notorietà alla fine dell’Ottocento per alcune eclatanti imprese, oltre ai numerosi duelli e fatti giudiziari che lo videro coinvolto. Il viaggio raccontato in questo libro sotto forma di diario romanzato, si snoda lungo un percorso lunghissimo in Africa Orientale tra il 1882 e il 1884 e si conclude con l’audace recupero dei resti di un altro esploratore italiano, Giovanni Chiarini, morto pochi anni prima in circostanze misteriose nel piccolo regno di Ghera.

Al di là delle vicende personali dell’Autore, pure avvincenti, sono rimarchevoli le note geografiche, antropologiche, tribali, a volte grottesche, a volte agghiaccianti, che mettono in luce l’esistenza di una civiltà, quella Africana, antica e nobile quanto crudele.

Il libro, completamente rifatto in base all’edizione originale del 1885, è corredato dalle numerose incisioni basate sugli schizzi dell’Autore. Una lettura appassionante.

ISBN 9788898556090

Viene fornito nei formati EPUB (per Ereader generici) e AZW3 (per Kindle) in un unico file compresso che li contiene entrambi. Prezzo: Euro 2,99 (scrivere a info@xedizioni.it)



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Ai bagni

centopoetto__1A is bagnus [Teresa Mundula Crespellani] Traduzione dal sardo

 

corpi neri come la pece

bianchi solo i denti

gettati sulla sabbia

o camminando indifferenti,

 

altri, come la cipolla

bianchi e spellati

sotto gli ombrelloni

tutti quanti pigiati,

 

altri color di miele

o di gambero cotto,

venuti dalla graticola

con la pelle stracotta,

 

tanta gente spogliata

cosa sta combinando?

Sono anime dannate

quelle che sto vedendo?

 

È gente della spiaggia

che vuole rinfrescarsi,

mezzo nuda, in costume,

prima di bagnarsi.

 

Che posto per studiare

natura e anatomia!

Quanti campioni vedi

storpiati e in armonia!

 

Certi, grossi come boe

grassi e tutto polpa

che salta fuori

senza maglia che tenga;

 

altri magri come il corno

con schiene da sentir freddo

le costole a scalette

baccalà salati!

 

Chi ha le braccia

lunghe fino ai piedi

e le agita come remi

senza garbo, né regole

 

Chi le porta corte

come due zucchinette

e non raggiungono la vita,

braccia di brocchette.

 

Gambe da combattimento

gambe di zanzara

che si attaccano a corpi

stretti come pifferi.

 

Altre gambe si vedono

che non sono di carta

messe bene in mostra

come dal macellaio.

 

Di grazie se ne vedono

di ogni qualità,

con la maglietta più chiaramente

si vede l’animale.

 

Vedi serpenti a molla

vermicelli di pera,

elefanti giganti

che non stanno su una sedia.

 

Vedi anatre e oche

in maglietta e calzoni,

vedi ragni tutto gamba,

galline, scimmioni.

 

Ma vedi anche campioni

di ragazzi perfetti

ragazzi tutte grazie,

belli, forti, diritti.

 

E ragazze graziose

come fiori sull’acqua,

occhi rapinosi

che attirano gli amori.

 

Ma nessuno l’idea

ha di vergognarsi

il brutto per fortuna

non si accorge ch’è brutto.

 

Tutti se ne ridono

va a bagnarsi,

guardi, si diverta pure

chi vuole divertirsi.

 

è un’acqua di cristallo

che rinfresca le vene:

è per tutti il mare,

è per tutti la sabbia!

Un mondo parallelo

Poggiato al bancone del negozio aspettavo il mio turno osservando il viavai degli acquirenti. Uno di questi lo conoscevo, era un ragazzo che abitava vicino a casa mia anni prima. Sapevo che ora faceva l’elettricista, si era messo a lavorare subito dopo la licenza media. Stava acquistando un motorino. Lo salutai, ciao Luca, ah buongiorno, e continuò a trattare l’acquisto.

Arrivò il momento di stabilire il pagamento, contanti o finanziaria, scelse finanziaria, così il commesso tirò fuori dal cassetto il modulo, glielo consegnò con una penna e si mise a fare altro. Luca cominciò a guardare quel foglio, lo girava tra le mani, ne sfogliava le singole copie, poi prendeva la penna, guardava di nuovo il foglio, guardava il commesso.

Ci impiegai un po’ a capire: Luca non era in grado di compilare quel modulo: nome, cognome, data, occupazione. Forse non capiva neppure cosa c’era scritto. Dopo un quarto d’ora il commesso lo trasse d’impaccio senza batter ciglio, gli riprese il modulo, la penna, gli chiese i documenti e lo compilò facendogli le solite domande, infine glelo fece firmare. Evidentemente era abituato ad aver a che fare con analfabeti.

Io non ero abituato, anzi era la prima volta che mi capitava di vedere il buio e l’imbarazzo nello sguardo di un analfabeta. Non è solo una questione di leggere libri e giornali, ma ti diventa difficile qualunque cosa, non riuscirai mai a prendere la patente (ecco il perché del motorino), ad aprire un conto in banca, a scrivere un reclamo. Certo si sviluppano altre capacità, ma forse hai anche difficoltà a elaborare un pensiero complesso, composto di parti principali e subordinate, di parentesi e frasi ipotetiche.

Se non sai leggere e scrivere hai un linguaggio limitato. Appartieni a un mondo parallelo. Da allora, osservando bene le persone che mi circondano e incontro per caso, mi sono reso conto che questo mondo è molto popolato, molto più di quanto si possa supporre. (Mister X)

Cattive compagnie

Se ci si concentra, importa poco ciò che si fa; le cose importanti, così come quelle poco importanti, assumono una nuova dimensione, perché hanno la nostra completa attenzione. Per imparare la concentrazione è necessario evitare, se possibile, la conversazione banale, vale a dire non genuina.
Se due persone parlano della crescita di una pianta che entrambe conoscono, o del sapore del pane che hanno appena gustato insieme, o di una comune esperienza di lavoro, tale conversazione può essere pertinente, ammesso che esse sentano quello di cui parlano e non vi si dedichino in modo astratto; d’altra parte una conversazione può svolgersi su temi politici o religiosi, e tuttavia essere banale; ciò si verifica quando le due persone parlano con “clichés”, quando i loro cuori non partecipano a ciò che dicono.
Dovrei a questo punto aggiungere che così come è importante evitare conversazioni banali, è necessario evitare cattive compagnie. Per cattive compagnie non mi riferisco solo a gente cattiva, viziosa o distruttiva; di quelle si dovrebbe evitare la compagnia perché la loro influenza è velenosa e deprimente. Mi riferisco soprattutto alla compagnia di persone amorfe, di gente la cui anima è morta, sebbene il corpo sia vivo; di gente i cui pensieri e la cui conversazione sono banali; che chiacchiera anziché parlare, e che esprime opinioni a “clichés” invece di pensare.
Ma non è sempre possibile evitare la compagnia di simili persone, e neppure necessario. Se non si reagisce nel modo scontato – vale a dire con clichés e banalità – ma direttamente e umanamente, spesso si scoprirà che tali persone muteranno il loro contegno, aiutate dalla sorpresa effettuata dallo shock dell’imprevisto.

(Erich Fromm: “L’arte di amare”)

I conformisti

La scrittrice Alba de Céspedes collaborò per molti anni con Epoca. Curava una rubrica di posta. Ovviamente lo faceva in modo originale, con grande eleganza ma anche con determinazione, insomma in modo certamente non conformista. A proposito di conformisti, ecco una lettera del ’58 e la sua risposta (notare la citazione di Dostojewski):

Nella Sua rubrica Lei parla con ironia dei «conformisti», così definendo – mi pare di comprendere – coloro che si attengono a norme di vita tra­dizionali che vorrebbero tra­smettere intatte ai loro figli come le hanno ricevute dai lo­ro genitori e questi dai propri. A queste persone, che Lei sem­bra apprezzare poco, va invece la mia piena solidarietà. Sono convinto che se il mondo fos­se in mani loro sarebbe gover­nato saggiamente e non an­drebbe, come purtroppo mi pa­re stia velocemente andando, allo sfacelo. (ABBONATO, NAPOLI)

I conformisti non possono governare saggiamente, come crede questo lettore, perché, vi­vendo del passato, non com­prendono il presente né intui­scono il futuro com’è necessa­rio che facciano quelli cui è affidato il destino di un popolo. Il rispetto per le tradizioni che ci sono state trasmesse, e del­le quali sentiamo la responsa­bilità, si dimostra nutrendo le stesse preoccupazioni morali dei nostri genitori, ma risol­vendole nei modi e con i siste­mi propri del nostro tempo. Ed è soprattutto all’insegnamento del passato che verremmo me­no, seguendo delle norme su­perate.

La più sorprendente capaci­tà dei  conformisti è, infatti, quella di credere che oggi sol­tanto   si   compiano profondi mutamenti sociali e del costu­me, ignorando quelli avvenuti in passato e che si sono dimo­strati costruttivi anche se, al­lora, avevano apparenza di di­struzione. Se il mondo fosse stato retto da coloro «che si attengono a norme di vita tra­dizionali che vorrebbero tra­smettere intatte  ai  loro figli come le hanno ricevute dai lo­ro genitori e questi dai pro­pri», oggi un uomo potrebbe ancora includere nel suo patri­monio il valore rappresentato dal numero dei propri schiavi, come potrebbe ancora costrin­gere la propria figlia a pren­dere il velo od a sposarsi con un uomo che le è odioso. Per opera di costoro non sarebbe certo avvenuta, in Francia, la rivoluzione del 1789, che pure ha affermato i diritti dell’uo­mo, né,  intendendo continuare vivere come i loro padri, essi avrebbero   approvato la rivoluzione   morale   e sociale operata dal Cristo; anzi, si sa­rebbero rassicurati vedendolo crocifisso. I conformisti trova­no comodissimo godere i pri­vilegi che le generazioni precedenti   ci   hanno assicurato ma si  rifiutano  di compiere quei sacrifici,  quegli adatta­menti a difficili condizioni nuove, che i progressisti del passato hanno compiuto in loro favore. Si accontentano di criticare ogni sistema nuovo (a meno che ne traggano un van­taggio pratico immediato) o­stentando di confidare soltan­to in quelli già noti, senza rie­saminarne il valore assoluto né l’attualità. «Possiedono una enorme quantità di idee bell’e pronte, come ceppi per l’in­verno» dice Dostojewski «e contano seriamente di poter vivere su di esse per mille an­ni». Non si rendono conto che bisogna sempre preparare nuo­vi ceppi, tagliandoli noi stessi faticosamente, e che questi, essendo ancora freschi, sul principio non possono dare ca­lore.

Tuttavia, grazie al loro cimi­tero di idee, essi riescono per­sino a sembrare intelligenti, come sembrano saggi coloro che in ogni occasione enuncia­no proverbi; e ciò fa si che, generalmente, la loro miopia, la loro boriosa vacuità, la loro indifferenza verso l’evoluzione umana, invece di essere sen­z’altro considerata una dan­nosa manchevolezza, venga ri­spettata come una rassicuran­te virtù.

(A. de Céspedes)

Orgoglio e prevenzione

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O&P-COVER-rVerso la fine degli anni ’40 il Governo Italiano varò un programma di alfabetizzazione e di diffusione della cultura, che comprendeva tra l’altro la creazione delle Scuole Popolari per lavoratori e dei Centri di lettura e di informazione, particolari biblioteche distribuite in varie città. Lo scopo era di “[…] far rinascere per il libro quell’amore e quell’amicizia che anche nelle zone di media cultura sono venute affievolendosi, sopraffatti da certa stampa nella quale figure, immagini, disegni commentati da brevi e sgangherate scritture, fanno perdere la consuetudine di sapersi muovere lungo il filo delle pagine con pazienza, attenzione e profitto, di tenere, insomma, un libro in mano…”

I Centri di lettura potevano contare su un fondo creato appositamente, un’antologia di libri, molti dei quali furono stampati dall’Istituto Poligrafico dello Stato in edizioni economiche che portavano la dicitura “Questo libro è distribuito gratuitamente ai Centri di lettura e di informazione, a cura del Ministero della Pubblica Istruzione – Servizio Centrale per l’Educazione Popolare”. Si trattava di grandi classici, italiani e stranieri.

Jane Austen entrò nel fondo ministeriale proprio con Orgoglio e Prevenzione (che diventerà in seguito e per sempre Orgoglio e Pregiudizio). L’edizione del 1959 era preceduta da un’introduzione inedita di Giulio Caprin, a cui si deve la prima traduzione dell’opera. Possono suonare strani i nomi italianizzati (Elisabetta, Giovanna eccetera), ma quella era l’usanza degli anni ’30, nei quali non ci si stupiva a sentir chiamare “casimiro” il cashmere.

Da allora l’Italia non ha mai smesso di leggere e rileggere questo strano romanzo di oltre trecento pagine dove nessuno muore – al massimo qualcuno si fa un po’ male o si ammala di raffreddore ma guarisce rapidamente. D’altra parte, come sottolinea il traduttore, quel romanzo era stato scritto da una ragazza poco più che ventenne “per passatempo suo e per leggerlo in famiglia, come avrebbe ricamata una borsetta o dipinto un paravento”.

Così, dopo tanti anni e tante edizioni, abbiamo pensato di tornare alla prima versione italiana e di offrirla integralmente agli appassionati, riportando fedelmente la grafia originale e conservando l’introduzione di Caprin, che svolge ancora perfettamente il suo ruolo di inquadramento storico-letterario del romanzo, e stimola ad altre letture.

In questo momento il romanzo è in stampa. Tra breve sarà disponibile, in edizione tascabile ma accurata (come si deve a J. A.) e a un prezzo veramente piccolo. A presto!

Lo staff di Xedizioni, 9 maggio 2014

Vir, Homo?

Da Epoca, agosto 1977Uomo-manichini

“I latini avevano due termini per definire l’uomo: uno ammirativo, vir; l’altro quasi spregiativo, homo. Col passar dei secoli il vir s’è perso. Ma sono rimasti l’aggettivo «virile» e il sostantivo «viri­lità». Virile, secondo il dizionario più dif­fuso: «di o da uomo, in contrapposto a femminile o bambinesco. Virilità è l’età dell’uomo maturo, quando ha la pienezza delle forze e del vigore d’animo». Virilità, oggi, è un termine desueto, quasi ambiguo. E tuttavia non si fa che discutere dell’ uomo: non è chiaro il termine per defi­nirlo, non è chiaro il ruolo che gli com­pete. Se è vero che la donna cerca una nuova dimensione, l’uomo sembra aver totalmente smarrito la sua. Qualche set­timana fa, su Epoca, sei uomini famosi hanno discusso della donna. Questa volta quattro donne, altrettanto note, discutono dell’uomo d’oggi. I punti d’osservazione sono di­versi. Ida Magli, antropologa, ritiene che l’uomo stia astu­tamente volgendo a suo favore tutti gli sforzi e­mancipativi della donna; Augusta Lagostena Bas­si, avvocato, ed Emma Bonino, deputato radi­cale, affermano che il «maschilismo» riaf­fiora anche tra i pro­gressisti; Natalia Ginzburg, scrittrice, pen­sa che dovrebbero es­sere proprio le don­ne a scoprire come sarebbe giusto e bel­lo che gli uomini fos­sero(scarica in PDF l’estratto dell’articolo)

Non si chiamava ancora ludopatia ma…

Testatina-1953-r

Testatina-1953-rIn una delle sue risposte ai lettori, nella rubrica Dalla parte di Lei che curava per il settimanale Epoca, Alba de Céspedes si trovò ad affrontare un problema che recentemente è tornato di grande attualità: quello del vizio del gioco, che ora viene affrontato e curato proprio come una patologia o una dipendenza. Ecco la sua risposta a due lettere disperate (era il 1955):

Il vizio del giuoco è tra tutti il più difficile da superare anche perché, in generale, chi è dedito ad esso non ha un la­voro, una attività, che susciti in lui un interesse più forte di quello. Un uomo che abbia abbandonato la famiglia per una donna può tornare ad essa se l’amore finisce o lo delude né più aver voglia di ricomin­ciare, ma il giocatore, al con­trario, è dalle sue stesse delu­sioni e sconfitte incitato a con­tinuare. Il rimorso di aver per­duto ciò che possedeva, e che era necessario alla famiglia, è la scusa che egli prende per riaccingersi continuamente al tentativo di rifarsi; e in que­sto s’accanisce fino a perdere tutto ciò che possiede per crol­lare poi, inerme, nella dispera­zione. Quindi sottrarre al gio­catore i capitali che ancora possiede è, spesso, il solo modo per impedirgli di continuare: soprattutto perché ciò lo priva del credito che egli riscuote presso i compagni di giuoco i quali immediatamente si disin­teresseranno di lui, sapendolo incapace di pagare. Chi paga i debiti di un giocatore intende, col proprio sacrificio, salvare l’onore di lui; e ciò può essere giustificabile verso colui che una volta, per debolezza, ha commesso un inconsueto erro­re. Ma chi giuoca continua­mente, distruggendo il benesse­re della propria famiglia, è un irresponsabile. E quindi – co­me i pazzi, come tutti coloro che sono dominati da un vizio, da una mania – non può più essere responsabile del proprio onore. Tanto meno possono es­serlo quelli che della sua irre­sponsabilità sono le vittime.

Il dovere di una donna in casi come questi non può es­sere quello di rimanere accan­to al marito; come non lo sa­rebbe quello di salire, con i propri figli, sul rogo in cui bru­cia il cadavere di lui. Il dovere di ogni creatura umana è in­nanzi tutto quello di difendere la propria dignità e il benesse­re di coloro che, indifesi e in­nocenti, a lei sono affidati. In casi simili a quello della let­trice calabrese mi pare che la separazione sia più che un di­ritto, un dovere: impostole an­che dalle sue responsabilità di madre. Cosi come una donna lasciata sola ed esposta a tutti i pericoli della solitudine ed a quelli dell’indigenza per sé e per i propri figli – come la gio­vane lettrice romana – ha diritto di cercare nel lavoro le proprie soddisfazioni, anche per essere pronta a sostituirsi, un giorno, presso i figli, a un pa­dre dimentico delle proprie re­sponsabilità.

Ed ecco un sunto delle due lettere, ovviamente anonime:

Ventiquattrenne, sposata da­ sei anni, ho due bambine. Mio marito, ventisettenne, col qua­le mi sposai per vero amore, si è dato totalmente al giuoco delle carte, passando molte ore diurne e notturne in compa­gnia di uomini attempati che alimentano il suo vizio. Io, fi­nora, ho vissuto solo per lui e, pur avendo il diploma magi­strale e gran voglia di far scuola, ho rinunziato all’inse­gnamento per compiacerlo. Ora, vedendo che il suo affetto si spegne e che, senza ascol­tare le mie proteste e preghie­re, egli vive fuori della fami­glia, per non soffrire del suo comportamento e trovare un interesse superiore, vorrei tor­nare all’antica vocazione. Mi domando se farei bene. (EADAM, ROMA)

Mi sono sposata a sedici an­ni con un uomo che amavo e che, presto, dimentico di me e dei nostri due figli, smise di lavorare per dedicarsi comple­tamente al giuoco. Ha perduto alcuni beni che possedeva, e di ciò che possedevo io rimane so­lo la casetta in cui viviamo e un piccolo podere. Più volte gli ho annunziato la mia decisio­ne di separarmi; egli mi ha supplicato di rimanere per sal­varlo, promettendo di cambia­re; ma, dopo qualche giorno, tornava al suo vizio irresisti­bile. Dispero, perciò, di salvar­lo, ma vivo in un paese in cui la donna per tradizione deve tutto accettare e sopportare dal marito, sicché mi dicono che il mio primo dovere è quel­lo di rimanere con lui aspet­tando che cambi. Dopo annose esperienze io temo che presto anche la casetta e il podere lasciatomi da mio padre segua­no la sorte del resto e che i miei bambini non abbiano più da mangiare. (LETTRICE, CATANZARO)

I Numeri Due

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Se ci chiedono: quali libri ha scritto Carlo Collodi? e quali Edmondo de Amicis? Probabilmente ci fermiamo a uno per ciascuno. Questo vale per molti autori, che appaiono come “one book writers” pur avendo scritto e pubblicato numerose opere. È la fama dell’opera maggiore che surclassa tutte le altre. D’altra parte, quale opera può reggere il confronto con “Pinocchio”, o con “Cuore”? Da qui nasce l’idea dei Numeri Due: opere belle e importanti, che hanno avuto la sfortuna di nascere all’ombra di colossi irraggiungibili, numeri due solo per caso, spesso per questo introvabili nei cataloghi.

Il catalogo dei nostri Numeri Due contiene soltanto ebook.

Se vuoi segnalarci un testo introvabile o un numero due che vorresti leggere in ebook, scrivici all’indirizzo generale: info@xedizioni.it

 Vai al Catalogo dei Numeri Due

La presentazione ufficiale dei Galletti

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Da L’Unione Sarda, 15 marzo 2014

LIBRI PER RAGAZZI

L’editore misterioso che capisce i bambini e i Galletti spericolati raccontati da Dona

“Nasce il marchio sardo Xedizioni e debutta con un libro di colori e filastrocche che l’autrice presenta stasera a Cagliaripresentazione-15-03-14

Giocolieri spericolati, allegri e piumati. Equilibristi, maghi e musicisti. Trapezisti e domatori. Sono gli artisti, mol­to romantici, di un circo di poesia e ritmo. Li ha inventati Dona, un’autrice sarda al suo debutto, che nell’albo illustrato “Galletti spe­ricolati” immortala un ricordo, quello di lei bambina che a sette anni con papà e sorel­lina, scopre la magia del circo.

Pubblicato da una nuova casa editrice sar­da, la Xedizioni, che con il libretto di fila­strocche inaugura la sezione dedicata all’in­fanzia, “Galletti spericolati” sarà presentato oggi, alla libreria Tuttestorie (ore 17, 30), con l’autrice e lo scrittore rimatore Chicco Gallus.

Il circo e i galletti sono la passione di Do­na, che per gli adulti è Donatella Mureddu, la direttrice del Museo archeologico, per i bambini è Dona, illustratrice, pittrice, auto­re di piccoli racconti per l’infanzia. Parsi per casa ne ha così tanti, svegli ma ingenui, ti­midi ma arditi, che v’inciampa in continua­zione. Allora ha deciso di dedicargli una sto­ria di rime e immagini colorate che contagia allegria. Dodici filastrocche che danzano di pagina in pagina, ritmando le acrobazie del clan Minole, sussurrando le magie di Adelmo e della sua assistente Trudi, annunciando il concertino di tamburo e mandolino.

La Xedizioni, che nasce con l’obiettivo di recuperare i vecchi libri e di produrne di nuovi, ha regalato alla storia una veste gra­fica accattivante, su carta patinata, e un prezzo minuto. Una bella sfida in tempi di sovrabbondanza di libri per bambini, ma Mi­ster X, il misterioso editore della novella ca­sa editrice sarda, vanta (pare) lunga espe­rienza e buon fiuto.

Dona invece, dalla sua, ha un curriculum d’eccezione: ha sempre amato, fin da bam­bina, le storie con le vignette e le rime del Corriere dei Piccoli, ha imparato a leggere su una bellissima edizione di “Ancora…e poi basta”, con le poesie di Lina Schwarz illu­strate, in punta di penna, da Gugu, con quel segno pulito che, da allora, Dona ama e ri­cerca.”

Franca Rita Porcu

I nostri diritti (facciamoli valere)

gilberto

gilbertoIl mondo dell’editoria, lo sappiamo bene, è in mano alle grosse case editrici. E’ inutile fare nomi, le conosciamo tutti. Alcune stampano libri e giornali, o opere musicali, altre possiedono anche televisioni, catene di negozi e agenzie pubblicitarie. Non si scappa: se vuoi vendere libri nel vero senso della parola devi passare da una di queste. Qui si intende migliaia, decine di migliaia o più, di copie. Sotto le mille si dice: “questo libro non ha mercato”, e lo si lascia perdere.

Al di sotto di questo Olimpo esistono i piccoli editori, più o meno emergenti, più o meno fortunati. Fanno le loro indagini di mercato, scovano autori e nicchie di interesse, stampano, vendono, sopravvivono. Spesso vivono di finanziamenti e sovvenzioni pubbliche, perché si sa, “il libro non si vende”, “l’editoria va sostenuta”. Non scendiamo nel sistema delle sovvenzioni per l’editoria, che spesso producono tonnellate di carta da macero, magari ottimi libri che avrebbero diritto a una buona distribuzione ma che nessuno si prende la briga di distribuire, tanto è già pagato all’origine dall’Ente di turno.

In attesa del finanziamento a fondo perduto, uno può cercare di vivere stampando e vendendo, in piccola tiratura, libri che abbiano un certo interesse per alcune categorie di persone. Magari anche ristampe di particolari settori della letteratura, libri di viaggi, scientifici, romantici, libri di ricette, manuali di bon ton. In questi casi è piacevole, per il lettore, poter avere tra le mani una copia fedele della stampa originale, con i suoi refusi, con l’impaginazione e la scelta del carattere, i segni del tempo eccetera. Immagino che molti bibliofili sappiano di cosa si parla, per esempio l’edizione del 1840 dei Promessi Sposi con le incisioni di Gonin, o la Gerusalemme liberata con le cornici fiorite in ogni pagina e le illustrazioni di Piazzetta.

La domanda è: posso dedicarmi alla ristampa totale o parziale di uno di questi testi, ammesso che sia di qualche interesse per qualcuno? Cosa c’entra il diritto d’autore con la riproduzione di un libro a stampa di centocinquant’anni fa? E se la casa editrice di cento anni fa è ancora viva e attiva, devo chiedere il permesso all’editore? E agli eredi dell’autore?

Bene. Se mi pongo tutte queste domande, e se poi magari le pongo a un avvocato, ecco la risposta (la media di quattro avvocati che ho consultato): “Mmmh, dovrei informarmi bene sul caso in fattispecie, comunque, se vuoi un consiglio, meglio non avventurarsi in queste cose: si rischia di trovarsi addosso gli avvocati del grande editore, che ti fanno causa per danni e ti rovinano per la vita”. E continua (sempre in media): “comunque, facciamo così: mi studio il caso e poi ti faccio sapere”. Dopodiché sparisce per sempre, confidando nel fatto che il consiglio sia stato sufficiente a farti desistere.

A questo punto non resta che abbandonare il progetto, oppure studiare la legislazione vigente per scoprire quali sono i diritti di tutti: autori e loro eredi, editori vecchi, editori nuovi, stampatori occasionali. Cosa che ho fatto.

 Il cardine di tutta questa storia è la famosa legge sul Diritto d’Autore, la n. 633 del 22/04/1941 e successive modificazioni, che d’ora il poi chiamiamo LDA. Se la cerchi su internet, ne trovi parecchie versioni, riassunti, commenti e note. Il testo completo lo trovi per esempio qui, ma esordisce in questo modo, un po’ scoraggiante:

NOTA. Di questa legge non esiste un testo consolidato ufficiale. Quello che segue è stato redatto da noi sulla base del testo in vigore prima delle modifiche del 2004, e tiene conto delle modifiche introdotte fino alla legge 9 gennaio 2008, N. 2.”

Insomma, il cardine stesso è un pochino incerto e non perfettamente conosciuto. Si tratta comunque della base, e da questa si parte.

 Autore

Certe cose si trovano subito:

“Art. 25: I diritti di utilizzazione economica dell’opera durano tutta la vita dell’autore e sino al termine del settantesimo anno solare dopo la sua morte.”

Ma attenzione, nel caso di opere colletive (es. enciclopedie):

“Art. 7: E’ considerato autore dell’opera collettiva  chi  organizza e dirige la creazione dell’opera stessa.” (quindi, in questo caso autore ed editore possono coincidere)

Questi articoli, e tanti altri, riguardano l’autore e il suo diritto inalienabile a proteggere l’opera del suo ingegno e i proventi che ne derivano, ed è doveroso, civile e lodevole, a parte il fatto che i settant’anni dalla morte possano sembrare un po’ troppi – in altre Nazioni il copyright dura per cinquant’anni, e basta e avanza. Provate a cercare gli eredi di un autore minore morto nel 1945 per chiedere una liberatoria: si fa prima a ripubblicarlo senza tante storie mettendo questa clausola nel colophon:

 “L’editore è disponibile ad assolvere i propri impegni nei confronti dei titolari di eventuali diritti sui testi pubblicati”

 (visto spesso in alcune ristampe). Mettendo le mani avanti ci si fa meno male se si cade, almeno non si sbatte il naso.

 Editore

Ma quali sono i diritti di quell’editore che nel 1945 pubblicò l’opera? Ecco un altro articolo dalla LDA:

“Art. 122: Il contratto di edizione può essere per edizione o a termine.

Il contratto per edizione conferisce all’editore il diritto di eseguire una o più edizioni entro vent’anni dalla consegna del manoscritto completo. Nel contratto devono essere indicati il numero delle edizioni e il numero degli esemplari di ogni edizione. Possono tuttavia essere previste più ipotesi, sia nei riguardi del numero delle edizioni e del numero degli esemplari, sia nei riguardi del compenso relativo. […]

Il contratto di edizione a termine conferisce all’editore il diritto di eseguire quel numero di edizioni che stima necessario durante il termine, che non può eccedere venti anni, e per il numero minimo di esemplari per edizione, che deve essere indicato nel contratto, a pena di nullità del contratto medesimo. […]

In entrambe le forme di contratto l’editore è libero di distribuire le edizioni nel numero di ristampe che stimi conveniente.”

Quindi: vent’anni. Questo è il termine ultimo di validità di un contratto di edizione, se non è stato specificato un termine inferiore. Dopo i vent’anni gli unici aventi diritto sono l’autore (o gli autori) e gli eredi. Il nostro editore del 1945 ha perso ogni diritto già nel 1965. A meno che, ovviamente, non abbia rinnovato il contratto con l’autore. La qual cosa si vede facilmente, in quanto il contratto obbliga l’editore a stampare entro un certo tempo:

“Art. 127: La pubblicazione o la riproduzione dell’opera deve aver luogo entro il termine fissato dal contratto; tale termine non può essere superiore a due anni, decorrenti dal giorno della effettiva consegna all’editore dell’esemplare completo e definitivo dell’opera. […]

E’ nullo ogni patto che contenga rinuncia alla fissazione di un termine o che contenga fissazione di un termine superiore al termine massimo sopra stabilito”.

Quindi, se il nostro autore è morto nel 1945 e non esistono ristampe recenti, è impossibile che esista un contratto, diciamo così, nascosto in un cassetto.

In questo caso siamo liberi di ristampare, magari mettendo le mani avanti con la clausola vista prima.

 Elaborazioni di un’opera

“Art. 4: Senza pregiudizio dei diritti esistenti sull’opera originaria, sono altresì protette le elaborazioni di carattere creativo dell’opera stessa, quali le traduzioni in altra lingua, le trasformazioni da una in altra forma letteraria od artistica, le modificazioni ed aggiunte che costituiscono un rifacimento sostanziale dell’opera originaria, gli adattamenti, le riduzioni, i compendi, le variazioni non costituenti opera originale”.

Questo articolo serve anche a tutelare i diritti del traduttore di un’opera, che in pratica viene assimilato allo stesso autore. Dunque, se traduco dall’inglese un lavoro di Shakespeare, divento proprietario dei diritti d‘autore su quella particolare elaborazione dell’opera, e i miei eredi fino a settant’anni dopo la mia morte. Anche qui, dunque, se vogliamo ristampare un’opera di un autore classico tradotta in italiano nel 1920, dovremmo rintracciare il traduttore e i suoi eredi, ed accertarci che non vi siano diritti ancora attivi. Oltre ovviamente chiedere che non vi siano contratti recenti (meno di vent’anni) tra gli aventi diritto e una casa editrice che abbia ristampato l’opera. Facile, no? Oppure, come sempre, inserire la clausola magica sulla disponibilità ad assolvere i propri doveri, nella speranza che nessuno si faccia vivo, o che almeno non sia uno squalo desideroso di sbranarci.

Questo per quanto riguarda la ristampa di un’opera molto datata. Nel caso di un libro recente, con autore ancora vivo o eredi facilmente rintracciabili, è tutto molto più facile. Basta ricordare che, a parte per un eventuale contratto di edizione ancora in corso, il nostro interlocutore non è la casa editrice, ma sempre e solo l’autore. E’ lui che può concedere, ritirare, modificare le autorizzazioni. Sentirete molti editori affermare il contrario, ma sono spesso semplici minacce, che non poggiano su alcun articolo di legge.

Tutto qui, ciò che il mio avvocato medio avrebbe dovuto dirmi.

Metto volentieri questi appunti a disposizione di chi cerca le risposte alle domande da cui siamo partiti, con l’avvertenza che si tratta di una lettura ingenua e sicuramente approssimativa, e che molto altro si può trovare in giurisprudenza, spiegato molto meglio (per esempio qui), con parole adatte: (es.: contratti sinallagmatici).

MisterX (misterx@xedizioni.it)

Gratinatura finale

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Facciamo il punto sulla situazione dei Racconti in cucina:

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Sono arrivati numerosi contributi,  racconti, ricette, opere grafiche. Potremmo già chiudere così il libro, ma preferiamo tenerlo aperto ancora un po’, per renderlo più saporito proprio come si fa con la “soupe à l’oignon”: una bella gratinatura. Ecco come potete contribuire:

1) una ricetta tradizionale tipica della vostra regione/provincia/famiglia (tipo “questo lo faceva solo mia nonna” o simile), magari condita da un aneddoto autobiografico o folkloristico (esempio);

2) una tavola, vignetta, descrizione grafica, fumetto che abbia qualcosa a che fare col cibo (esempio).

3) una citazione di qualche pezzo di letteratura che vi ha particolarmente colpito, per esempio le famose polpette di Renzo Tramaglino nei “Promessi sposi”.

Vi ricordiamo che tutti i contributi pubblicati daranno diritto a una copia omaggio del libro “Racconti in cucina” che verrà pubblicato e immesso nella distribuzione nazionale (ISBN italiano), così come abbiamo fatto un anno fa con i “Racconti della ragnatela”. Inoltre tutti gli autori avranno diritto allo sconto del 50% sulle copie che vorranno acquistare, fino a esaurimento della prima tiratura.

Per permettere una buona gratinatura, proroghiamo fino al 15 febbraio i termini di consegna degli elaborati. Forza, datevi da fare, non siate timidi: verrà anche stavolta un bellissimo libro!

(Lo staff di Xedizioni)

SEZIONE SPECIALE EPOCA – WALTER BONATTI

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Tutte le pubblicazioni di Epoca relative alla collaborazione con Walter Bonatti sono ora disponibili in un’opera (libro + DVD) che abbiamo realizzato in collaborazione con gli eredi del grande alpinista. Vedi la pagina dedicata.


Walter Bonatti appartiene a quel gruppo di persone che nel XX Secolo hanno nutrito l’immaginario collettivo grazie a una serie di imprese spettacolari. A questo gruppo appartengono per esempio Messner, Fogar, il navigatore Soldini tanto per fare alcuni esempi.

Bonatti era soprattutto alpinista e guida alpina, fece parte giovanissimo della spedizione di Ardito Desio e Achille Compagnoni sul K2, ma era anche fotografo e reporter, naturalista e amante delle imprese in solitario. In questa veste collaborò per molti anni con Epoca, collezionando una serie di avventure e servizi fotografici, quasi tutti a colori e con commenti di prima mano. Tanti successi ma anche tanti drammi, che ha saputo raccontare senza indulgere nell’autocommiserazione ma sempre col distacco del giornalista.

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Vedi anche altri nostri articoli sull’argomento:

Walter Bonatti di prima mano

I selfie di Bonatti

Il “mio” K2

Raccogliamo in questa pagina una serie di estratti da Epoca realizzati nell’ambito di questa collaborazione. Cominciamo con una raccolta rilegata di inserti del 1966, Le Grandi avventure di Walter Bonatti, ricca di fotografie e situazioni molto suggestive. Volume di 184 pagine a colori. Dobbiamo avvisare che alcuni dei servizi trattano di stragi di animali ad opera dei cacciatori di pellicce, e potrebbero turbare la sensibilità e sembrare eccessivi al giorno d’oggi.

Scarica il volume sul tuo computer (pdf, 65MB) e buona lettura!

Grandi-Avventure-66In alternativa puoi sfogliarlo online (consigliato per tablet/Ipad)


Questo volume è del 1970 e riporta le immagini irripetibili di un viaggio in alcuni tra i luoghi più inospitali, ma suggestivi, del mondo. Testo e fotografie di Bonatti.

Il Giro del mondo di Walter Bonatti – 134 pagine, 37MB

Giro del Mondo – 1970

Due immagini tratte dal volume: 1 - 2


La grande avventura degli “8000″

I primi anni ’50 segnarono le più grandi conquiste della storia dell’alpinismo: L’Everest, da parte della spedizione britannica di Hillary, e il K2 da parte della spedizione italiana di Desio, alla quale partecipò anche il giovane Bonatti. Per completezza storica pubblichiamo alcuni degli articoli apparsi su Epoca relativi alla spedizione dell’Everest, nel 1953.

L’Everest – L’impresa che ridestò l’interesse internazionale per l’alpinismo durante il primo anno di regno di Elisabetta II.

L’Everest si è arreso - 1953, n 140

La tecnica ha battuto l’Everest – 1953, n. 146

Il K2 – La prima grande impresa di Bonatti fu, nel 1954, la partecipazione tra gli alpinisti di supporto alla conquista del K2 (Compagnoni-Desio-Lacedelli). Ecco due servizi, nel secondo dei quali compare per la prima volta una foto di Bonatti su Epoca. Ci sono stati sollecitati da un collaboratore (P.P. Alberigi), che ci ha offerto un breve articolo per il nostro blog, riguardante appunto il “suo” K2

Ecco le prime immagini dell’attacco al K2 – 1954, n. 193

Il K2 conquistato dagli italiani – 1954, nn. 200, 201, 202, 203

Bonatti-1954-K2

Walter Bonatti, al centro nella foto, all’inizio della spedizione sul K2. Il primo a sinistra è Mario Puchoz, che morirà pochi giorni dopo.

Gli Italiani sul K2 - 1954, n. 209


Il 1958 è l’anno del trionfo sul Gasherbrum IV, una delle vette del Karakorum, tra le più difficili ancora oggi (Epoca, 14 settembre 1958):

Vittoria italiana sul Gasherbrum IV - 1958, n. 415

Gasherbrum-IV


Assalto al Bianco – 1959, n. 461

Sono quattro le vie facili per scalare il Monte Bianco – 1961, n. 550

Quattro italiani assaltano le Ande – 1961, n. 553

Bonatti sul Rondoy, l’Himalaya americano – 1961, n. 561


Uno dei momenti più drammatici della carriera di Walter Bonatti, nel quale perderà il suo più grande amico, Andrea Oggioni

Il primo articolo, di Ricciotti Lazzero, esce subito dopo la tragedia:

Da nove anni sognava questo inferno – 23 luglio 1961, n 564

Segue il lungo racconto di Walter Bonatti

Bonatti racconta – 30 luglio 1961, n. 565


Dalle Avventure in Africa del 1967, a richiesta di un lettore pubblichiamo l’estratto sul territorio del Ruwenzori


Articolo richiesto da un lettore:

Pantalica, la misteriosa valle dei sepolcri – 1973, n. 1195


Ci è stato chiesto di recuperare l’ultimo servizio di Bonatti per Epoca. Se non abbiamo fatto male le nostre ricerche, si tratta di un reportage fotografico in Sierra Nevada, al cospetto degli enormi alberi di quelle foreste. Come contrasto con quei giganti, la figura dell’esploratore appare minuscola, quasi irriconoscibile. La foto di qui sopra dovrebbe appunto essere l’ultima apparizione. Ecco, per tutti gli appassionati, la digitalizzazione di quelle pagine:

I giganti della Sierra Nevada – 1977, n. 1413

Se qualcuno fosse a conoscenza di servizi, o foto, più recenti di questo, vi preghiamo di segnalarceli. Grazie!


Le Copertine

Bonatti appare in decine di copertine di Epoca, con le sue avventure e i suoi servizi fotografici. Ecco tutte le immagini qua sotto. Cliccare sull’immagine per vederla ingrandita. Ogni copertina si può anche scaricare in pdf cliccando sul numero che appare sotto, corredata dell’indice della rivista.

Numero 415, 1958

Numero 564, 1961

Numero 645, 1963

 Numero 646, 1963

Numero 674, 1963

Numero 726, 1964

Numero 754, 1965

Numero 803, 1966

Numero 804, 1966

Numero 910, 1968

Numero 1014, 1970

Numero 1081, 1971

Numero 1089, 1971

Numero 1139, 1972

Numero 1192, 1973

 Numero 1227, 1974

 Numero 1250, 1974

 

Numero 1295, 1975

 Numero 1334, 1976

 Numero 1338, 1976

Numero 1352, 1976




 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I peperoni di de André

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Dopo un po’ viene fuori questo peperone, che era piccolissimo, grosso come un indice o poco più, e allora non ti dico: fa venire tutto il paese a vedere il peperone, ‘il peperone, il mio peperone!’. Va lì tutti i giorni a lucidarselo, a momenti fa delle preghiere a questo peperone affinché cresca. Io, piccolo e affascinato, a vederlo tutto il giorno lì nell’orto con ‘sto peperone pensavo, ‘Dio, chissà cos’è’. Un giorno che lui non c’era, vado a guardarmi questo peperone, lo prendo ed ero così attirato che… gli do un morso.

Do un morso al peperone, sentivo come una specie di attrazione. Il giorno dopo, la mattina papà va all’orto e sento un urlo disumano, da orango… che Tarzan non è niente in confronto: ‘Ahhhhh! Quale insetto maledetto mi ha morso il peperone?!’. Butta via tutti i libri sui peperoni e si compra tutti i libri sugli insetti per capire quale si era fatto fuori il peperone. Convoca contadini, esperti, da tutte le parti della Liguria ma non riesce a scoprire cosa possa essere questo malefico insetto che ha morso il suo peperone.

Un giorno, un po’ scoraggiato, stava con questo peperone in mano nell’orto, piccolo, avvizzito. Io ero sulla scala dell’orto, lui guarda il peperone, alza gli occhi e mi vede, riabbassa gli occhi, guarda il peperone, mi riguarda, si guarda un po’ intorno, pensa, mi punta contro il dito e mi fa ‘Sei mica stato tu?’ e io ‘Che fai, mi picchi?’. Sono fuggito terrorizzato, e mi ha rincorso per tutto il paese tipo nonna Abelarda o il fumetto di Paperon de’ Paperoni con le eliche, e poi tutto è finito lì; è un ricordo carino.” (Cristiano de André)

Iniziativa: Racconti in cucina. Mandaci ora il tuo contributo!

Ci mettiamo la faccia

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I servizi postali nazionali esistono da qualche secolo: si mette il materiale da spedire in una busta o in un plico, ci si scrive sopra un indirizzo, si affranca e si imbuca o si consegna allo sportello. Al resto pensano gli ufficiali postali. È un sistema basato sulla fiducia: sappiamo che dal ritiro in avanti la posta è in buone mani. I casi di smarrimento sono rari e spesso dipendono da cause oggettive: indirizzi errati, destinatari trasferiti, furti nelle cassette condominiali. Insomma, da che mondo è mondo, la posta arriva.

Chi stampa libri deve usare il servizio postale. Noi come tutti, lo facciamo da anni. Ma recentemente abbiamo avuto problemi. Abbiamo spedito tutti insieme una cinquantina di libri ordinati e pagati in anticipo da altrettanti acquirenti, e l’intera spedizione si è persa. Per tre settimane niente è arrivato a destinazione, poi abbiamo avuto notizia di uno-due plichi che sono stati consegnati. Tutti gli altri, spariti.

Abbiamo chiesto notizie all’ufficio postale. Ci hanno risposto con arroganza, come se fosse normale che una lettera, se non è raccomandata e/o assicurata, si perda nel nulla. Ma noi abbiamo pagato per un servizio offerto e previsto, per il quale viene dichiarato un obiettivo di qualità per la consegna:

  • entro 5 giorni lavorativi successivi alla data di postalizzazione (J+5) per l’85% degli invii;
  • entro 7 giorni lavorativi successivi alla data di postalizzazione (J+7) per il 99% degli invii.

Ci hanno detto di sporgere reclamo, senza una parola di scusa e senza un tentativo di spiegazione. Anzi, il direttore dell’ufficio ci ha detto “dovreste vedere cosa c’è nei centri di smistamento…” come se fosse sorprendente che nonostante i centri di smistamento qualche lettera arriva.

Per quanto riguarda gli acquirenti in attesa dei pacchetti, bisogna dire che la maggior parte hanno dimostrato pazienza, fiducia e comprensione. Altri hanno cominciato a minacciare e a insultare, ma fa parte della natura umana: loro i soldi li hanno versati “buoni”, in cambio hanno ottenuto un servizio “non buono”. Semplice.

Aggiungiamo che questa particolare operazione era nata come un benvenuto per un gruppo di lettori appassionati a un settore di nicchia. Il prezzo di copertina, detratto il costo della stampa e della spedizione e le tasse ci assicurava un piccolo margine, non sufficiente per coprire le spese dell’elaborazione grafica e dell’ufficio, ma l’intento era proprio quello di creare una base di fiducia. Ora abbiamo fatto stampare altre copie, le spediremo gratuitamente con posta raccomandata a tutti gli acquirenti, con tante scuse. Ovviamente ci perderemo qualcosa, ma speriamo di non perdere troppi lettori.

Il punto adesso è: possiamo fidarci ancora delle Poste Italiane? Possiamo permetterci di offrire la spedizione gratuita come fanno i grossi sistemi di vendita online o dobbiamo rassegnarci? Ci hanno consigliato di contattare i corrieri privati, e così abbiamo fatto. Offrono condizioni che diventano vantaggiose se si parla di spedizioni di “pedane” da mille chili in su. Cinquanta copie di un libro non si prendono in considerazione. Se non fai parte del mercato globale sei destinato a soccombere? Ma se noi chiudiamo questo servizio, chi fornirà a cinquanta-cento appassionati italiani la ristampa di un libro, prezioso per loro ma di nessun interesse per tutti gli altri?

Adesso cercheremo una soluzione. Intanto le Poste prendono soldi per un servizio che non sono in grado di garantire, continuano a imperversare con la loro pubblicità dei servizi bancari e preferiscono mettersi in gara per acquistare l’Alitalia anziché rinnovare le stampanti ai poveri impiegati degli sportelli e i macchinari dei centri di smistamento.

E noi ci mettiamo la faccia.

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IL GRANDE ARCHIVIO DI EPOCA

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Epoca è stato per alcuni decenni un settimanale di riferimento per la classe media italiana. Punti di forza i servizi fotografici (famosi quelli di Walter Bonatti), le grandi firme del giornalismo e della cultura (Enzo Biagi, Alba de Cespedes…), lo spazio dedicato alla letteratura e alle arti.

Noi possediamo l’archivio della rivista in volumi rilegati dal numero 1 del 1950 fino ai primi anni ’80, periodo nel quale Epoca seguì il declino di quel tipo di pubblicazioni, per lasciare spazio ai rotocalchi scandalistici e ai settimanali più prettamente politici.

Mettiamo questo tesoro a disposizione di studiosi o appassionati, fornendo gratuitamente le scansioni a grande formato delle pagine o dei fascicoli di interesse. Si sta formando un archivio online che è possibile consultare o scaricare. Stiamo lavorando alla creazione di un indice generale di tutta l’opera, un lavoro piuttosto impegnativo che richiederà alcuni mesi. Fino ad allora non siamo in grado di effettuare ricerche con dati generici, per cui vi preghiamo di fornirci possibilmente indicazioni precise. Sriveteci a info@xedizioni.it specificando nell’oggetto che si tratta di Epoca. Grazie!

Vai alla pagina dell’archivioEpoca-r

 

 

se nessuno ci guadagna

leslie-lamport

450px-Garamond_type_ft-ligatureBisogna far parte degli “addetti ai lavori” per conoscere i nomi di Don Knuth e di Leslie Lamport. Nella storia dell’editoria scientifica, quella piena di formule, tabelle e caratteri strani, esiste un “prima” e un “dopo” questi due signori, così come nell’editoria elettronica esiste un “prima” e un “dopo” Steve Jobs, seppure con spinte e motivazioni differenti.

Di Jobs sappiamo praticamente tutto, il successo commerciale e le grandi sfide tecnologiche, la sua immensa ricchezza, la sua filosofia. Vorrei parlarvi degli altri due. Prima arriva Donald Knuth, matematico, docente di informatica presso la Stanford University. Don Knuth coltiva tra l’altro l’arte della tipografia elettronica, e si mette in testa di aiutare i colleghi matematici a preparare i loro articoli e a scrivere i loro libri. Il risultato è il linguaggio TeX, un sistema completo per l’editoria, rivoluzionario in quanto perfetto già da subito, indipendente dal computer usato e dal dispositivo da cui uscirà il prodotto stampato, sia una stampante da ufficio, sia una macchina tipografica ad altissima risoluzione. Chi compone il testo deve solo preoccuparsi di dichiarare come vuole che venga stampato, e dovrà descrivere equazioni, tabelle, matrici con un linguaggio semplice e facile. Al resto pensa TeX, un vero tipografo elettronico in grado di trattare con font, legature, giustezze, crenature, numeri di pagina, testatine e tutto il resto. Basta sfogliare una rivista scientifica dal 1980 ad oggi per rendersi conto della qualità dei risultati.

A Lamport dobbiamo il passaggio successivo: LaTeX, che ha avvicinato TeX all’utente aggiungendo facilità d’uso e la logica propria dei libri: capitoli, paragrafi, indici, bibliografia, riferimenti incrociati, note e citazioni, tutto a portata di un semplice comando, senza che nessuno debba preoccuparsi dei dettagli visuali. Citando a memoria lo stesso Lamport, “se TeX è una Ferrari, LaTeX è una comoda station wagon che però nasconde sotto il cofano un motore Ferrari”. Sfido chiunque a trovare nel mondo un matematico (o un fisico o un astrofisico o un biologo) che non usino correntemente questo sistema. Le stesse riviste scientifiche esigono di ricevere gli articoli pronti per la stampa in  LaTeX, e forniscono agli autori degli appositi formati che trasformano il manoscritto nelle belle colonne di testo dei journals.

Per inciso bisogna ricordare che lo stesso Jobs, quando nei primi anni ’90 fondò la Next, inserì nel suo computer rivoluzionario una versione completa di TeX e LaTeX, naturalmente a modo suo, ossia la migliore possibile.

Lavoro, passione, generosità che non hanno portato denaro nelle tasche degli autori, se non per i diritti dei loro libri. Infatti TeX, LaTeX e tutti i programmi collegati sono distribuiti con licenza aperta: chiunque può utilizzarli liberamente, copiare, modificare, aggiungere, adattare alle particolari esigenze di nicchie più o meno nutrite. Esistono formati e famiglie di caratteri (font) per scrivere musica, arabo, ebraico, aramaico, per i simboli chimici, per l’elettronica, per tutte le lingue orientali, per il greco antico e moderno, scaricabili liberamente dalle banche dati. E qualunque computer va bene, anche il più obsoleto pc di quindici anni fa, secondo la logica dell’essere “device independent”, ossia indipendenti dal dispositivo, ma anche dal sistema operativo e dagli interessi del mercato.

Un caso tipico nel quale, dato che nessuno ci guadagna, ci guadagnano tutti. (MrX)

donald-knuth

 leslie-lamport

 

Vengo a Lei con questa mia

vengo a lei

vengo a lei

L’email può essere seria, ufficiale, informale, intima, affettuosa, ma bisognerebbe sempre ricordare che non è una lettera, e non è neppure una telefonata, e neppure un telegramma o un sms. Arriva subito, ma non è detto che venga letta subito, e in questa sua discrezione somiglia alla lettera e non a quei sistemi di messaggeria petulante che fanno continuamente cinguettare i telefonini.

Tutto viaggia per posta elettronica. Ma, come le rotonde nelle strade, pare che l’italiano medio abbia ancora qualche difficoltà a usarla. Personalmente, ricevo ogni giorno una cinquantina di email tra proposte, richieste di consulenza o documentazione o altro, e devo dire che sono rari i casi di messaggi scritti bene, non prolissi, chiari, leggibili. Credo che le scuole dovrebbero occuparsi anche di questo: insegnare ai ragazzi come comporre un messaggio di posta elettronica. Fermo restando che tra amici si scrive quello che si vuole, senza regole, ecco alcuni suggerimenti per i messaggi formali:

1)      Dimentica una buona volta il vecchio “letterese” che tanto ricorda la scuola di Totò: “Vengo a Voi con questa mia” eccetera. Io personalmente evito qualsiasi tipo di esordio, compresi i vari “Spett. Ditta”, o “Gent.mi Signori” (sapessimo cosa vuol dire spettabile, e spesso non sappiamo quanto siano gentili i signori). Purtroppo non abbiamo l’equivalente dell’anglosassone “Dear Sirs”, che almeno è affettuoso.

2)      Evita i saluti all’inizio. “Buongiorno” o “Buonasera” possono servire a far capire a che ora il messaggio è stato scritto, ma probabilmente arriveranno fuori posto quando verrà letto. Anche “salve” ormai è stanco di girare. Meglio niente. La data è superflua, viene generata automaticamente dal postmaster.

3)      Arriva subito al punto: se hai scritto un libro e vorresti farmelo leggere, scrivi esattamente: “vorrei proporre il mio libro in lettura” nelle prime righe, e non costringermi a leggere la storia della tua vita in quattro paragrafi per giustificare il fatto che hai scritto un libro e vorresti farmelo leggere. Quella perdita di tempo potrebbe dispormi male.

4)      C’è una vecchia regola burocratica che va salvata: diceva press’a poco: “una lettera, una questione”. Se mi scrivi un messaggio in cui dici “vorrei farle leggere il mio libro” e poi “sto anche cercando documenti sulla campagna di Libia”, farò fatica ad archiviarlo e a ritrovarlo in seguito. Si usava un tempo per risparmiare francobolli: in una busta le lettere di tutta la famiglia, in una lettera mille questioni. Ma l’email è gratuita. Meglio una per argomento.

5)      Il “subject” non è facoltativo. Neppure nei messaggi più informali e familiari. Un mio vecchio programma di posta si rifiutava di far partire un messaggio senza subject. E dovrebbe far capire di cosa si parla. Nell’uso creativo fatto da noi italiani, ho visto il campo oggetto occupato da cose tipo “messaggio”, o “buongiorno” o peggio “info”. A volte ci vuole più tempo a scegliere due-tre parole da mettere nel subject di quello che serve per scrivere tutto il messaggio, ma è un utile esercizio.

6)      Stai compatto, ma scrivi tutto. Non è un telegramma né un sms, quindi evita le abbreviazioni, i “xké” e le altre diavolerie simili. Se puoi evita anche i puntini di sospensione, che messi in treni di varia lunghezza qua e la sembra che vogliano dire “eh, se potessi direi di più…” Se vuoi dire di più, fallo.

7)      Se alleghi una foto, bada che sia utile e leggera. Esistono programmi appositi per ridurre le dimensioni delle immagini da spedire, anche perché in genere le dimensioni del file non corrispondono a una migliore qualità. Sono stufo di ricevere file da 10MB che poi in genere contengono un’immagine sfocata presa col cellulare in condizioni precarie.

8)      Quando arrivi ai saluti, ricorda che la formula migliore è: “Saluti”, o “Grazie, saluti” e poi il nome e cognome. Evita quelle vecchie code formali, viscide come la bava della lumaca: “in attesa di un Suo cortese riscontro”, “certo in una benevola accoglienza”, “voglia gradire i miei più (e poi andava a capo) Distinti saluti”.

9)      Ultimo (ma non ultimo): dopo che hai scritto il messaggio, prima di inviarlo, rileggilo.

(MisterX)

Cosa vendi? Vendo te!

Mark Zuckerberg è un uomo (anzi, un ragazzo) molto ricco. E’ il creatore di Facebook. Questo non luogo dove tutti noi passiamo parte del nostro tempo, stringiamo relazioni, giochiamo, leggiamo, impariamo, guardiamo video e ascoltiamo musica, tutto gratuitamente. Sono ricchissimi anche i proprietari di Google, un impero smisurato e tentacolare, che fornisce a sua volta decine di servizi, tutti gratuiti, da google earth a gmail eccetera, e possiede Youtube e tanti altri portali, anch’essi gratuiti. Negli ultimi decenni questo sistema si è diffuso capillarmente e globalmente, e noi (gli utenti), ci siamo abituati a non dover pagare mai niente per una casella di posta elettronica, per le ricerche, per ascoltare musica o scaricare libri, film, programmi, per chattare e passare le nostre ore nei social network.

Noi non paghiamo, ma quelli si arricchiscono. E non marginalmente: sostanziosamente. Ma siamo felici e proviamo gratitudine nei confronti di queste persone “buone”, non attaccate al soldo come altri che abbiamo conosciuto e che per fortuna sono scomparsi, o lentamente stanno scomparendo. Ci diciamo, vagamente, che si arricchiscono con la pubblicità. Vendono spazi pubblicitari. Vero. Ma non fino in fondo.

Negli anni ’80 e ’90 i ricchi erano venditori di qualcosa, l’IBM e l’Apple di computer, Bill Gates di sistemi operativi, la Chrysler di automobili, la Feltrinelli di libri. Oggi Google fa concorrenza alla Microsoft, quasi quasi se la mangia, ma non vende niente. Possibile? La spiegazione è semplice, e forse sono l’ultimo a capirla, con la mia solita lentezza. L’ho afferrata bene quando ho pensato di creare un’inserzione su Facebook per pubblicizzare una pagina. Una piccola spesa, paghi solo i risultati che ottieni. I risultati sono i clic. Ti fanno compilare un modulo dove ti chiedono a chi vuoi indirizzare l’inserzione: età, interessi, sesso, lingue conosciute, istruzione, lavoro, eventuali altre pagine frequentate. Così, loro pescano dal database degli iscritti e te li vendono, un tanto a clic. Una volta che scopri questo ti accorgi di quante volte tu stesso vieni venduto, quando usi la posta elettronica e ascolti la tua musica preferita, o quando scegli di acquistare un libro in un grosso sito di vendita online. A chi mai possono interessare tutti gli ebook offerti gratuitamente negli appositi siti? Forse a pochi, ma mentre ti aggiri felice in quegli smisurati magazzini virtuali vieni pesato, misurato, schedato. E poi venduto, un tanto a clic. (MrX)