UnaSolaCoperta 

L’anno scorso si è fatto tutto il commercio che si poteva intorno alla commemorazione della cosiddetta “Grande Guerra”, un’antipatica accezione che sembrerebbe poter attribuire un valore positivo a quella tragedia, ma che a me pare sempre un ossimoro. Nessuna guerra può essere grande, né bella, né giusta. Ma abbiamo bisogno di coprire di gloria i poveracci che ci lasciarono la vita o cospicue parti del loro corpo, e di innalzare altari, sacrari, ossari. A futura memoria.

Lo strombazzamento mediatico è terminato, di quella guerra non si parla più, ma cent’anni fa erano ancora lì, a marcire nelle trincee, italiani (uomini) contro austriaci (disumani), o viceversa a seconda della prospettiva, a coprirsi e proteggersi come potevano dal nemico, dal freddo e dalla stupidità umana. Rileggendo il Diario di un imboscato di Attilio Frescura, proprio all’inizio di marzo del 1916 salta fuori una paginetta che racconta della quotidianità, della situazione disumana in cui tutti stavano, della solita burocrazia che ha sempre ragione sul buon senso. Siamo sull’Altopiano di Asiago, in piena offensiva austriaca:

 “1 Marzo 1916. – È arrivata una Brigata che ha in distribuzione una sola coperta. Qui fa un freddo cane e la coperta non basta. Si sono chieste coperte all’ufficio di Sanità, che ne ha in dotazione sei mila; ma l’Ufficio di Sanità le ha negate perché: “debbono servire per gli eventuali malati”. Ed ha ragione. È scritto. I soldati prendano il freddo e una brava polmonite. Si ammalino, insomma.

Allora l’ufficio di Sanità darà le coperte ai malati. E poi dicono che la burocrazia non è logica! Ci può essere, è vero, un piccolo dubbio: le coperte sono fatte per i malati o si debbono fare i malati, per le coperte? I carabinieri sono fatti perché ci sono i ladri, o i ladri perché ci siano i carabinieri? Oh, Amleto in grigio-verde !…

 Sempre a proposito di coperture, ecco pochi giorni dopo:

 “5 Marzo 1916. – Il colonnello comandante l’artiglieria da fortezza ha oggi dichiarato: – È impressionante come gli aeroplani nemici riescano, malgrado i mascheramenti, a individuare le nostre batterie. Nulla sfugge loro. È necessario ricorrere a mezzi semplici, diversi dai normali e che li disorientino. Perciò ho ordinato che si mascherino i “pezzi” sotto dei pagliai. Sfido gli aviatori nemici a immaginarvi sotto, l’affusto di un cannone!

Geniale idea! I covoni di paglia si trovano in pianura, dove la paglia si ricava – se non erro! – dal frumento … Ora, a duemila metri, sarà carino vedere, fra lo squallore della neve e dei pini, spuntare i gialli covoni dei pagliai. E gli aviatori nemici non lo capiranno mica! Nemmeno per sogno! Diranno: – Toh ! toh !… gli italiani hanno dissodato le Alpi! E i pini dànno… paglia! Oh, dolce paese dove fiorisce l’arancio in pianura e la paglia sulle Alpi!

 Sembra di leggere una pagina di Sturmtruppen. Ma quello era un fumetto, questa invece la Grande Guerra. (Leonardo Mureddu, l’illustrazione … una sola coperta è di Enrica Massidda))

 

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