Luna1-300L’arrivo dell’estate, con le sue notti chiare, calde, dominate dalla luna finalmente protagonista, riporta alcuni di noi alla famosa notte, quella in cui la Luna siamo andati a prendercela. Ingenui e spavaldi come adolescenti, incuranti dei rischi, abbiamo costruito una macchina perfetta, e con tanto ingegno e tantissima fortuna siamo partiti. Tutta l’umanità, tutti a bordo dell’Apollo 11 a subire la spaventosa accelerazione necessaria a vincere l’attrazione di gravità, bruciando tonnellate di combustibile in pochi minuti, primo stadio, secondo stadio, terzo stadio, via dall’orbita terrestre, e poi navigare nel silenzio cosmico osservando la strumentazione di bordo, controllando i tempi delle correzioni di rotta, e nel frattempo effettuare operazioni funamboliche mai effettuate dall’uomo per assemblare in volo l’astronave lunare, e poi lo sbarco sul famoso LEM, scattare foto, pronunciare frasi famose, lasciare impronte di scarponi su un corpo celeste diverso dalla Terra. E infine, piccolissimi e leggerissimi, ripartire, ripercorrere le orbite lunari fino alla velocità di fuga, farsi ricatturare dall’attrazione terrestre, tornare indietro tutti sani, neppure un graffio, neppure un piccolo contrattempo. E tanto entusiasmo per il futuro. Cosa verrà dopo? Marte di sicuro tra pochissimi anni, quelle erano le aspettative, e poi chissà quali balzi ancora avanti. Eccoci proiettati nella fantascienza tanto attesa, tanto descritta e immaginata.

Ma torniamo a quella notte di luglio del 1969. Ognuno di noi la visse in modo diverso, e per una parte del mondo non era neppure notte. Per fortuna lo era da noi in Italia: la luna merita che ci si arrivi di notte, come con la cannonata del film di George Méliès.

Molti erano davanti al televisore, rimbalzati qua e la attraverso l’oceano tra lo studio romano e la sala stampa americana grazie ai modernissimi satelliti. Un po’ di confusione, esclamazioni e smentite da una parte e dall’altra nel climax dell’allunaggio (parola che fu immediatamente recepita da un dizionario che se le beve tutte), altri, come me, che non avevano la televisione in casa, si accontentarono di ascoltare la cronaca alla radio. Io ero solo, il resto della famiglia dormiva tranquillamente, e mi sistemai sul terrazzino, con la radiolina all’orecchio e gli occhi verso il pezzo di cielo che riuscivo a vedere.

Oltre alla radio avevo anche un altro supporto che avevo studiato accuratamente nei giorni precedenti: era un fascicolo di Epoca, che descriveva esattamente, passo per passo, la rotta di questa fantastica avventura, e inoltre la illustrava con un percorso numerato in un’immagine a tripla pagina. Da 1 a 30, in rosso, per l’andata, da 31 a 50, in blu, per il rientro.

I settimanali importanti avevano già dato grande spazio alle precedenti missioni spaziali, dalle semplici orbite di Yurij Gagarin e John Glenn fino alla nascita dei progetti Luna e Apollo, forse i più ambiziosi mai concepito dall’uomo. La “conquista della Luna” faceva parte della strategia della guerra fredda, ed era finanziata senza limiti di budget da entrambe le superpotenze.

Le missioni americane furono le più seguite, dato che venivano annunciate, descritte e trattate come eventi mediatici. Quelle sovietiche invece erano sempre ammantate di mistero, e spesso si conoscevano solo a cose fatte. Almeno questa era l’impressione dell’opinione pubblica. Gli astronauti americani erano delle vere star: venivano intervistati nelle loro case con giardino circondati dalle belle mogli e dai figli, venivano seguiti nei voli di addestramento, in divisa militare o in tuta spaziale. Tanto divenne familiare l’astronauta in tuta rigonfia, casco a forma di boccia di vetro e zainetto con antenna e tubi, che ancora oggi nei film di fantascienza ambientati in futuri lontanissimi gli uomini dello spazio si muovono con quell’equipaggiamento degli anni ’60.

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La rotta dell’Apollo 11 dalla Terra alla Luna e ritorno, luglio 1969 (elab. Diego Cuoghi)

 

Quella notte, anche senza televisione le immagini non mi mancarono, e neppure i punti di riferimento. Propongo un piccolo gioco per chi vuole provare quel brivido, quasi di prima mano:

1)      scaricare sul computer e stampare, possibilmente su grande formato, l’immagine con la rotta dell’Apollo 11;

2)      Seguire tutti i passi, specie quelli che vanno dall’abbandono dell’orbita terrestre fino allo sbarco (dal punto 11 in avanti), osservando le piccole figure sulla mappa.

Considerare che tutto ciò veniva fatto, controllato, seguito da terra con la tecnologia di allora, che si basava su computer primordiali, conti fatti a mano e osservazioni stellari effettuate col sestante, come facevano i navigatori del passato per stabilire le rotte oceaniche.

Probabilmente con la tecnologia attuale saremmo in grado di mandare in tutta sicurezza voli con equipaggio ben oltre la luna, sicuramente su Marte, con ottime probabilità di riuscita. Basterebbe avere, come allora, un motivo strategico per farlo, una gara da vincere, un avversario da battere, un budget illimitato. Insomma, quella che si chiamava un tempo “volontà politica”. [P.P. Alberigi, illustrazione di Enrica - 24/06/15]

 


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